venerdì 31 dicembre 2021

PREGHIERA DI FINE ANNO

 

Signore Gesù, alla fine di questo anno voglio ringraziarti per tutto quello che ho ricevuto da te. Grazie per la vita e l’amore, per i fiori, l’aria e il sole, per l’allegria e il dolore, per quello che è stato possibile e per quello che non è potuto esserlo.

Ti faccio umile dono di quanto ho realizzato quest’anno, per il lavoro che ho potuto compiere, le cose che sono passate per le mie mani e ciò che ho potuto costruire. Ti offro e ti raccomando le persone che ho sempre amato, le nuove amicizie, quelli a me più vicini, quelli che sono più lontani, quelli che se ne sono andati, quelli che mi hanno chiesto una mano e quelli che ho potuto aiutare; quelli con cui ho condiviso la vita, il cammino, il lavoro, il dolore e l’allegria.

Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono per il tempo sprecato, per le parole inutili e per l’amore disprezzato, perdono per le opere vuote, per il lavoro mal fatto, per il vivere senza entusiasmo, per la preghiera sempre rimandata, per le diffidenze e i pregiudizi, per le inimicizie e per le mille superficialità nell’agire. Per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi, semplicemente ti chiedo perdono. Aiutami ad accrescere la mia fede e a renderla veritiera e vigorosa

Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità, tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, e, all'inizio di un nuovo anno, io fermo la mia vita davanti al calendario ancora da inaugurare e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere. Aiutami a vivere ogni nuovo giorno che la tua bontà mi concederà facendo del mio meglio perché sia fatta la tua volontà.

Oggi ti chiedo per me e per i miei cari, familiari e amici, ma anche con tutti coloro che incontrerò.   la pace e l’allegria, la forza e la prudenza, la carità, la fede e la speranza, la sapienza e la saggezza e la sapienza.

Voglio vivere ogni giorno con generoso impegno, con ottimismo e bontà; chiudi la mia mente e le mie orecchie a ogni falsità, le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste o in grado di ferire.  Apri invece il mio essere a tutto quello che è buono, così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni e le sappia spargere ad ogni mio passo.

Riempimi di umiltà, bontà e allegria perché quelli che mi sono vicini trovino nella mia vita un po’ di te. Aiutami a rimediare con coraggio e costanza al male compiuto nell’anno che termina e a superare i momenti difficili che incontrerò. Rendimi attento e sensibile alle persone più bisognose di aiuto.

Proteggi la Chiesa e le istituzioni che operano nella nostra società e nel mondo intero per diffondere, giustizia, misericordia, pace e prosperità. Aiutami a collaborare generosamente con tutti coloro che sono impegnati nel costruire il bene comune. Fammi superare gli ostacoli, le catene e le paludi dell’autoreferenza, della chiusura, dei pregiudizi, delle diffidenze.

Signore, infine, ti chiedo di liberare l'umanità da questa pandemia che rende grigie e incerte le nostre giornate e le nostre relazioni.

Signore, manda su di noi il tuo Spirito per aiutarci a costruire un mondo migliore, testimoniando ogni giorno la tua Parola. Maria, tua e nostra madre celeste, accompagni il nostro cammino terreno.


 G. P.  -Rivisitazione del testo di Arley Tuberqui



martedì 7 dicembre 2021

BROSTA', OLI MASI'

 

Francesco ai giovani: 

Sognate in grande, non ascoltate i "sicari della speranza"

Francesco incontra ragazzi e ragazze di tutta la Grecia, a conclusione del suo viaggio apostolico. Ascoltando tre testimonianze, tra cui quella di un profugo siriano, il Pontefice esorta a dedicarsi agli altri "che non è da perdenti" e a lanciarsi nella vita, non lasciandosi ammaliare dalle "sirene" che propongono "messaggi seducenti, che puntano su guadagni facili, falsi bisogni del consumismo, culto del benessere"

-         Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

 “Brostà, óli masí!". "Avanti, tutti insieme!”, senza farsi spaventare dai dubbi che sono “vitamine di fede”, senza farsi distruggere dagli “azzeratori di sogni e sicari della speranza”, senza farsi imprigionare in quel “mondo virtuale pieno di apparenze”, in cui si è “molto social ma poco sociali”. È una spinta al futuro, a lanciarsi nell’Odissea della vita, quella che il Papa offre ai giovani di tutta la Grecia che incontra nella Scuola San Dionigi delle Suore Orsoline a Maroussi. L’abbraccio con le nuove generazioni che costruiranno l’avvenire di un Paese costretto a vivere in mezzo a molteplici crisi è l’atto conclusivo del viaggio di Francesco in terra ellenica. Tramite i ragazzi, il Pontefice esprime il suo “efcharistó”, “grazie”, per tutti coloro che hanno organizzato o contribuito ad organizzare il suo pellegrinaggio.

Canti e testimonianze 

Nella palestra del collegio, dopo canti, inni e un ballo tradizionale, il Papa, su un palco azzurro decorato da fiori bianchi, ascolta tre testimonianze: Katerina, giovane filippina che racconta i suoi dubbi di fede davanti alla sofferenza umana; Ioanna, di Tinos, che ricorda il suo riavvicinamento a Dio dopo momenti di rabbia e lontananza; Aboud, siriano 18.enne, con a fianco il fratello Mario, che commuove i presenti riportando la sua esperienza di profugo dalla Siria martoriata, dove con la famiglia ha rischiato più volte la morte tra bombardamenti e attacchi.

Sirene che ammaliano

È dalle parole dei tre ragazzi che il Papa muove il suo discorso, intervallato da diversi passaggi a braccio e incentrato su un unico messaggio: “Dio ti ama”. Questo annuncio Francesco lo consegna come un dono a ragazzi e ragazze che rischiano altrimenti di farsi imprigionare da “pigrizia”, “timore”, “vergogna” o da quei “messaggi martellanti” che “fanno dipendere la vita da come ci vestiamo, dalla macchina che guidiamo, da come gli altri ci guardano". Sono quelle “sirene” che nel mito attiravano i naviganti con il loro canto per farli sfracellare contro gli scogli. 

Nella realtà le sirene di oggi vogliono ammaliarvi con messaggi seducenti e insistenti, che puntano sui guadagni facili, sui falsi bisogni del consumismo, sul culto del benessere fisico, del divertimento a tutti i costi... Sono tanti fuochi d’artificio, che brillano per un attimo, e poi lasciano

Conosci te stesso

Resistere non è facile, afferma il Papa: Ulisse, insidiato dalle sirene, si fece legare all’albero maestro della nave, ma è un altro il personaggio da cui prendere esempio, Orfeo, il quale intonò una melodia più bella di quella delle sirene mettendole così a tacere. Questa melodia è per ogni giovane “la bellezza della fede”, dice il Papa: “Non siamo cristiani perché dobbiamo, ma perché è bello”. Ricorda quindi l’antico invito inciso sul frontone del tempio di Delfi: “γνῶθι σeαυτόν. Conosci te stesso”.

Riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai. Non vali per la marca del vestito o per le scarpe che porti, ma perché sei unico, sei unica

Unici perché “figli amati di Dio”. “Il cuore della fede non è un’idea o una morale, ma una realtà, una realtà bellissima che non dipende da noi e che lascia a bocca aperta: siamo figli amati di Dio! Figli amati: abbiamo un Padre che veglia su di noi senza smettere mai di amarci”. “Riflettiamoci”, esorta il Papa:

“Qualsiasi cosa tu pensi o faccia, fossero anche le peggiori, Dio continua ad amarti. Io vorrei che questo lo capiate bene: Dio non si stanca di amare. Qualcuno può dirmi: “Ma se io scivolo nelle cose più brutte, Dio mi ama?” Dio ti ama. “E se io sono un traditore, un peccatore tremendo, e finisco male, nella droga... Dio mi ama?” Dio ti ama. Dio ama sempre. Non può smettere di amare. Ama sempre e comunque. Guarda la tua vita e la vede molto buona. Non si pente mai di noi. Se ci mettiamo davanti allo specchio magari non ci vediamo come vorremmo, perché rischiamo di concentrarci su quello che non ci piace. Ma se ci mettiamo davanti a Dio la prospettiva cambia. Non possiamo che stupirci di essere per Lui, nonostante tutte le nostre debolezze e i nostri peccati, figli amati da sempre e per sempre.”

Non perdere lo stupore 

È vero che “davanti alle incomprensioni o alle difficoltà della vita, nei momenti di solitudine o di delusione, può bussare alla porta del cuore questo dubbio: ‘Forse sono io che non vado bene... forse sono sbagliato, sono sbagliata...’”. Ma quella “è una tentazione da respingere”, che il diavolo sobilla “per gettarci nella tristezza”. Cosa fare? Cosa fare quando un dubbio del genere diventa soffocante e non lascia in pace, quando si smarrisce la fiducia e non si sa da dove cominciare? “Bisogna ritrovare il punto di partenza”, dice il Papa, che è lo “stupore”, il “meravigliarsi”. “Thaumàzein”, quella scintilla, quella scoperta che ha dato inizio alla filosofia, alla cultura, all’arte, alla scienza.

“Lo stupore non è solo l’inizio della filosofia, è anche l’inizio della nostra fede”, chiosa il Papa. “Non perdiamo mai quello stupore di essere per Dio, nonostante tutte le nostre debolezze e i nostri peccati, figli amati da sempre e per sempre”.

Allora, anziché cominciare la giornata davanti allo specchio, perché non apri la finestra della camera e ti soffermi sul tutto, su tutto il bello che c’è, su tutto il bello che vedi? Esci da te stesso

 Il tesoro del perdono

E quando si rimane “delusi” per qualcosa che si è fatto, c’è un altro stupore da non lasciarsi sfuggire: “Lo stupore del perdono”.   

Non permettiamo che la pigrizia, il timore o la vergogna ci rubino il tesoro del perdono. Lasciamoci stupire dall’amore di Dio! Riscopriremo noi stessi; non quello che dicono di noi o che le pulsioni del momento suscitano in noi; non quello che gli slogan pubblicitari ci buttano addosso, ma la nostra verità più profonda, quella che vede Dio, quella in cui crede Lui: la bellezza irripetibile che siamo.

Tanto social, poco sociali

Per custodirla, questa bellezza, “diciamo no a ciò che vuole oscurarla”, incoraggia Papa Francesco. Diciamo sì, invece, a ciò che porta la gioia, come il dedicarsi agli altri che "non è da perdenti, è da vincenti; è la via per fare qualcosa di veramente nuovo nella storia". “Vuoi fare qualcosa di nuovo nella vita? Vuoi ringiovanire? Non accontentarti di pubblicare qualche post o qualche tweet. Non accontentarti di incontri virtuali, cerca quelli reali, soprattutto con chi ha bisogno di te: non cercare la visibilità, ma gli invisibili. Questo è originale, rivoluzionario”, afferma il Vescovo di Roma.

Tanti oggi sono molto social ma poco sociali: chiusi in sé stessi, prigionieri del cellulare che tengono in mano. Ma sullo schermo manca l’altro, mancano i suoi occhi, il suo respiro, le sue mani. Lo schermo facilmente diventa uno specchio, dove credi di stare di fronte al mondo, ma in realtà sei solo, in un mondo virtuale pieno di apparenze, di foto truccate per sembrare sempre belli e in forma.

“Che bello invece stare con gli altri, scoprire la novità dell’altro!”, esclama Francesco. “Coltivare la mistica dell’insieme, la gioia di condividere, l’ardore di servire!”. “O fílos ine állos eaftós”, “l’amico è un altro me”, afferma un detto greco: “Sì, l’altro è la via per ritrovare sé stessi. Certo, costa fatica uscire dalle proprie comfort zone, è più facile stare seduti sul divano davanti alla tv. Ma è roba vecchia, non è da giovani. Da giovani è reagire: quando ci si sente soli, aprirsi; quando viene la tentazione di chiudersi, cercare gli altri, allenarsi in questa ‘ginnastica dell’anima’”.

L'avventura del vivere

Proprio i ragazzi e le ragazze nati e cresciuti nella terra che ha visto fiorire i più grandi eventi sportivi, come le Olimpiadi e la maratona, devono lanciarsi in un altro tipo di agonismo “che fa bene al corpo c’è quello che fa bene all’anima”.

Allenarsi all’apertura, percorrere lunghe distanze da sé stessi per accorciare quelle con gli altri; lanciare il cuore oltre gli ostacoli; sollevare gli uni i pesi degli altri... Allenarvi in questo vi farà̀ felici, vi manterrà̀ giovani e vi farà̀ sentire l’avventura di vivere!

Non farsi paralizzare dalle paure 

E a proposito di avventura, Papa Francesco richiama la testimonianza di Aboud, la sua fuga e il suo approdo in questo Paese in barca, rimanendo “su una roccia senza acqua e senza cibo, aspettando l’alba e una nave della guardia costiera”. “Una vera e propria odissea dei nostri giorni”, commenta il Pontefice, e Aboud come un giovane Telemaco, il figlio di Ulisse che davanti a un bivio "si alza, sistema di nascosto la nave e di fretta, al sorgere del sole, va all’avventura”.

“Il senso della vita non è restare sulla spiaggia aspettando che il vento porti novità”, incoraggia Papa Francesco. “La salvezza sta in mare aperto, sta nello slancio, nella ricerca, nell’inseguire i sogni, quelli veri, quelli ad occhi aperti, che comportano fatica, lotta, venti contrari, burrasche improvvise”.

Ma non lasciarsi paralizzare dalle paure, sognare in grande! E sognare insieme! Come per Telemaco, ci sarà chi cercherà di fermarvi. Ci sarà sempre chi vi dirà: “Lascia perdere, non rischiare, è inutile”. Sono gli azzeratori di sogni, i sicari della speranza, gli inguaribili nostalgici del passato.

Allora, è l'esortazione conclusiva del Papa: “Nutrite il coraggio della speranza. Scegliere è una sfida. È affrontare la paura dell’ignoto, è uscire dalla palude dell’omologazione, è decidere di prendere in mano la vita”.  

Vatican News

PAPA FRANCESCO INCONTRA I GIOVANI

https://youtu.be/O4Rg9frdcIE

domenica 5 dicembre 2021

GIORNATA MONDIALE DEL VOLONTARIATO

 
Carta dei Valori 

del Volontariato 

Rispondendo ad una esigenza ampiamente diffusa e variamente formulata, la Fondazione Italiana per il Volontariato e il Gruppo Abele hanno elaborato una proposta di Carta dei valori del volontariato italiano. La carta è ora proposta a tutti i volontari e alle loro organizzazioni, perché ne discutano e diano il loro contributo alla redazione di un testo definitivo, che possa essere punto di riferimento comune per tutto il mondo del volontariato e per tutti coloro che attorno ad esso ruotano.

Rispondendo ad una esigenza ampiamente diffusa e variamente formulata, la Fondazione Italiana per il Volontariato e il Gruppo Abele hanno elaborato una proposta di Carta dei valori del volontariato italiano. La carta è ora proposta a tutti i volontari e alle loro organizzazioni, perché ne discutano e diano il loro contributo alla redazione di un testo definitivo, che possa essere punto di riferimento comune per tutto il mondo del volontariato e per tutti coloro che attorno ad esso ruotano.

 Principi Fondanti

 Volontario è la persona che, adempiuti i doveri di ogni cittadino, mette a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per gli altri, per la comunità di appartenenza o per l’umanità intera. Egli opera in modo libero e gratuito promuovendo risposte creative ed efficaci ai bisogni dei destinatari della propria azione o contribuendo alla realizzazione dei beni comuni.

I volontari esplicano la loro azione in forma individuale, in aggregazioni informali, in organizzazioni strutturate; pur attingendo, quanto a motivazioni, a radici culturali e/o religiose diverse, essi hanno in comune la passione per la causa degli esseri umani e per la costruzione di un mondo migliore.

Il volontariato è azione gratuita. La gratuità è l’elemento distintivo dell’agire volontario e lo rende originale rispetto ad altre componenti del terzo settore e ad altre forme di impegno civile. Ciò comporta assenza di guadagno economico, libertà da ogni forma di potere e rinuncia ai vantaggi diretti e indiretti. In questo modo diviene testimonianza credibile di libertà rispetto alle logiche dell’individualismo, dell’utilitarismo economico e rifiuta i modelli di società centrati esclusivamente sull’"avere" e sul consumismo.
I volontari traggono dalla propria esperienza di dono motivi di arricchimento sul piano interiore e sul piano delle abilità relazionali.

Il volontariato è, in tutte le sue forme e manifestazioni, espressione del valore della relazione e della condivisione con l’altro. Al centro del suo agire ci sono le persone considerate nella loro dignità umana, nella loro integrità e nel contesto delle relazioni familiari, sociali e culturali in cui vivono. Pertanto considera ogni persona titolare di diritti di cittadinanza, promuove la conoscenza degli stessi e ne tutela l’esercizio concreto e consapevole, favorendo la partecipazione di tutti allo sviluppo civile della società.

Il volontariato è scuola di solidarietà in quanto concorre alla formazione dell’uomo solidale e di cittadini responsabili. Propone a tutti di farsi carico, ciascuno per le proprie competenze, tanto dei problemi locali quanto di quelli globali e, attraverso la partecipazione, di portare un contributo al cambiamento sociale. In tal modo il volontariato produce legami, beni relazionali, rapporti fiduciari e cooperazione tra soggetti e organizzazioni concorrendo ad accrescere e valorizzare il capitale sociale del contesto in cui opera.

Il volontariato è esperienza di solidarietà e pratica di sussidiarietà: opera per la crescita della comunità locale, nazionale e internazionale, per il sostegno dei suoi membri più deboli o in stato di disagio e per il superamento delle situazioni di degrado. Solidale è ogni azione che consente la fruizione dei diritti, la qualità della vita per tutti, il superamento di comportamenti discriminatori e di svantaggi di tipo economico e sociale, la valorizzazione delle culture, dell’ambiente e del territorio. Nel volontariato la solidarietà si fonda sulla giustizia.

Il volontariato è responsabile partecipazione e pratica di cittadinanza solidale in quanto si impegna per rimuovere le cause delle diseguaglianze economiche, culturali, sociali, religiose e politiche e concorre all’allargamento, tutela e fruizione dei beni comuni. Non si ferma all’opera di denuncia ma avanza proposte e progetti coinvolgendo quanto più possibile la popolazione nella costruzione di una società più vivibile.

Il volontariato ha una funzione culturale ponendosi come coscienza critica e punto di diffusione dei valori della pace, della non violenza, della libertà, della legalità, della tolleranza e facendosi promotore, innanzitutto con la propria testimonianza, di stili di vita caratterizzati dal senso della responsabilità, dell’accoglienza, della solidarietà e della giustizia sociale. Si impegna perché tali valori diventino patrimonio comune di tutti e delle istituzioni.

Il volontariato svolge un ruolo politico: partecipa attivamente ai processi della vita sociale favorendo la crescita del sistema democratico; soprattutto con le sue organizzazioni sollecita la conoscenza ed il rispetto dei diritti, rileva i bisogni e i fattori di emarginazione e degrado, propone idee e progetti, individua e sperimenta soluzioni e servizi, concorre a programmare e a valutare le politiche sociali in pari dignità con le istituzioni pubbliche cui spetta la responsabilità primaria della risposta ai diritti delle persone.

 Atteggiamenti e Ruoli

  a) I volontari

I volontari sono chiamati a vivere la propria esperienza in modo coerente con i valori e i principi che fondano l’agire volontario. La dimensione dell’essere è per il volontario ancora più importante di quella del fare.

I volontari nell’esercitare il diritto-dovere di cittadinanza costituiscono un patrimonio da promuovere e da valorizzare, sia da parte delle istituzioni che delle organizzazioni che li impegnano. Pertanto, esse devono rispettarne lo spirito, le modalità operative, l’autonomia organizzativa e la creatività.

I volontari sono tenuti a conoscere fini, obiettivi, struttura e programmi dell’organismo in cui operano e partecipano, secondo le loro possibilità, alla vita e alla gestione di questo nel pieno rispetto delle regole stabilite e delle responsabilità.

I volontari svolgono i loro compiti con competenza, responsabilità, valorizzazione del lavoro di équipe e accettazione della verifica costante del proprio operato. Essi garantiscono, nei limiti della propria disponibilità, continuità di impegno e portano a compimento le azioni intraprese.

I volontari si impegnano a formarsi con costanza e serietà, consapevoli delle responsabilità che si assumono soprattutto nei confronti dei destinatari diretti dei loro interventi. Essi ricevono dall’organizzazione in cui operano il sostegno e la formazione necessari per la loro crescita e per l’attuazione dei compiti di cui sono responsabili.

I volontari riconoscono, rispettano e difendono la dignità delle persone che incontrano e si impegnano a mantenere una totale riservatezza rispetto alle informazioni ed alle situazioni di cui vengono a conoscenza. Nella relazione di aiuto essi attuano un accompagnamento riservato e discreto, non impositivo, reciprocamente arricchente, disponibile ad affiancare l’altro senza volerlo condizionare o sostituirvisi. I volontari valorizzano la capacità di ciascuno di essere attivo e responsabile protagonista della propria storia.

I volontari impegnati nei servizi pubblici e in organizzazioni di terzo settore, costituiscono una presenza preziosa se testimoniano un "camminare insieme" con altre competenze e profili professionali in un rapporto di complementarietà e di mutua collaborazione. Essi costituiscono una risorsa valoriale nella misura in cui rafforzano le motivazioni ideali, le capacità relazionali e il legame al territorio dell’organizzazione in cui operano.

I volontari ricevono dall’organismo di appartenenza o dall’Ente in cui prestano servizio copertura assicurativa per i danni che subiscono e per quelli economici e morali che potrebbero causare a terzi nello svolgimento della loro attività di volontariato. Per il principio della gratuità i volontari possono richiedere e ottenere esclusivamente il rimborso delle spese realmente sostenute per l’attività di volontariato svolta.

 b) Le organizzazioni di volontariato

Le organizzazioni di volontariato si ispirano ai principi della partecipazione democratica promuovendo e valorizzando il contributo ideale e operativo di ogni aderente. È compito dell’organizzazione riconoscere e alimentare la motivazione dei volontari attraverso un lavoro di inserimento, affiancamento e una costante attività di sostegno e supervisione.

Le organizzazioni di volontariato perseguono l’innovazione socio-culturale a partire dalle condizioni e dai problemi esistenti. Pertanto propongono idee e progetti, rischiando e sperimentando interventi per conto della comunità in cui operano. Evitano in ogni caso di produrre percorsi separati o segreganti e operano per il miglioramento dei servizi per tutti.

Le organizzazioni di volontariato collaborano con le realtà e le istituzioni locali, nazionali e internazionali, mettendo in comune le risorse, valorizzando le competenze e condividendo gli obiettivi. Promuovono connessioni e alleanze con altri organismi e partecipano a coordinamenti e consulte per elaborare strategie, linee di intervento e proposte socio-culturali. Evitano altresì di farsi carico della gestione stabile di servizi che altri soggetti possono realizzare meglio.

Le organizzazioni di volontariato svolgono un preciso ruolo politico e di impegno civico anche partecipando alla programmazione e alla valutazione delle politiche sociali e del territorio. Nel rapporto con le istituzioni pubbliche le organizzazioni di volontariato rifiutano un ruolo di supplenza e non rinunciano alla propria autonomia in cambio di sostegno economico e politico. Non si prestano ad una delega passiva che chieda di nascondere o di allontanare marginalità e devianze che esigono risposte anche politiche e non solo interventi assistenziali e di primo aiuto.

Le organizzazioni di volontariato devono principalmente il loro sviluppo e la qualità del loro intervento alla capacità di coinvolgere e formare nuove presenze, comprese quelle di alto profilo professionale. La formazione accompagna l’intero percorso dei volontari e ne sostiene costantemente l’azione, aiutandoli a maturare le proprie motivazioni, fornendo strumenti per la conoscenza delle cause dell’ingiustizia sociale e dei problemi del territorio, attrezzandoli di competenze specifiche per il lavoro e la valutazione dei risultati.

Le organizzazioni di volontariato sono tenute a fare propria una cultura della comunicazione intesa come strumento di relazione, di promozione culturale e di cambiamento, attraverso cui sensibilizzano l’opinione pubblica e favoriscono la costruzione di rapporti e sinergie a tutti i livelli. Coltivano e diffondono la comunicazione con ogni strumento privilegiando - dove è possibile - la rete informatica per migliorare l’accesso alle informazioni, ai diritti dei cittadini, alle risorse disponibili. Le organizzazioni di volontariato interagiscono con il mondo dei mass media e dei suoi operatori perché informino in modo corretto ed esaustivo sui temi sociali e culturali di cui si occupano.

Le organizzazioni di volontariato ritengono essenziale la legalità e la trasparenza in tutta la loro attività e particolarmente nella raccolta e nell’uso corretto dei fondi e nella formazione dei bilanci. Sono disponibili a sottoporsi a verifica e controllo, anche in relazione all’organizzazione interna. Per esse trasparenza significa apertura all’esterno e disponibilità alla verifica della coerenza tra l’agire quotidiano e i principi enunciati.

CARTA DEI VALORI


domenica 21 novembre 2021

PASSI DI VENTO

 

IN CAMMINO VERSO LA PARTENZA

Come diventare uomini e donne capaci di non sprecare i giorni della nostra esistenza, di fare scelte utili a noi e agli altri? Come diventare persone che trovano gioia nel grande gioco della vita e che per questo sono continuamente curiose di cosa essa può riservare loro, di coloro che incontreranno, delle idee che agitano il nostro tempo?

 Per chi è scout questo tema ha un nome: quello della Partenza. La Partenza, infatti, è il momento conclusivo della proposta educativa scout, quel momento dei nostri vent’anni verso il quale ci si incammina sin dal primo giorno in cui entriamo, timidi e disorientati, nella grande famiglia dello scautismo. Eppure, la Partenza non è una fine: è un inizio, il momento in cui cominciamo il nostro viaggio completamente sulle nostre gambe, senza più reti di sicurezza.

 Grandi orizzonti stanno davanti a noi e spesso nuove frontiere. La frontiera è sinonimo di cambiamento, il luogo dove incontriamo qualcosa di diverso. A volte anche il luogo di una sfida che io penso sempre come una opportunità, non come una minaccia. Gli scout sono sempre stati esploratori, uomini di frontiera e proprio sulla frontiera (non a casa loro, nel cortile della scuola o della parrocchia) trovano tutti gli ingredienti e gli elementi per crescere, per comprendere il mondo, per interagire positivamente con gli altri, con il nuovo e anche l’inatteso.

 Muovendo i propri passi verso queste frontiere da scoprire, questo territorio del nuovo, questo tempo della Partenza non bisogna essere esitanti, timorosi, distratti: è bello avanzare come se stessimo cantando, come sospinti dal vento, dalla voglia di sapere come va a finire. C’è un’espressione famosa in Francia (“Hommes aux semelles de vent”) che è stata riferita via via a poeti come Rimbaud, zingari, uomini a cavallo di due storie e due culture (per esempio nell’Algeria coloniale e in quella indipendente). Non è facilmente traducibile. Si potrebbe forse dire: Uomini con le suole di vento. A me è piaciuta molto e ad essa mi sono ispirato per il titolo del libro.



MINORI E PORNOGRAFIA


L'impero

del porno online

 e la piaga dei minorenni

Ci sono temi legati al digitale (e non solo) dei quali non si parla quanto si dovrebbe. Uno di questi è la pornografia online. Eppure basta guardare una qualsiasi classifica dei siti web più visitati per scoprire numeri impressionanti. Secondo Similarweb, il sito per adulti più visto al mondo raccoglie da solo 3,3 miliardi di visite al mese (al mese!). E i primi cinque insieme raccolgono oltre 10 miliardi di accessi al mese. L’Italia non fa eccezione. Nella top ten dei siti più visitati ce ne sono ben due che offrono video pornografici.

La maggior parte dei siti porno fa capo ad un’unica società, la MindGeek, con sede nel paradiso fiscale del Granducato di Lussemburgo.

Alla MindGeek non amano farsi notare. E si autodefiniscono «gruppo internazionale di information technology specializzato in siti web ad alto traffico». Difficile sapere il loro fatturato.

Eppure, secondo il Financial Times, nel 2018 (cioè ben prima della pandemia che ha aumentato moltissimo le visite a questo tipo di siti) «MindGeek ha fatturato oltre 460 milioni di dollari». Mentre l’intero impero varrebbe 20 miliardi di dollari.

Poco si sa anche del suo principale proprietario,  che si nasconde dietro alcune società di comodo. Secondo il Financial times, si chiama Bernd Bergmair (ma in alcuni documenti apparirebbe come Bernard Bergemar), è nato nel 1968 e vive a Hong Kong, lontano da occhi indiscreti.

Un anno fa, nel dicembre 2020, MindGeek è stata al centro di un enorme scandalo. Il New York Times l’ha accusata di ospitare sui suoi siti «filmati di abusi sui minori e di rapporti non consensuali». Alcune vittime hanno intentato una causa alla società per 40 milioni di dollari e Mind Geek è corsa ai ripari cancellando milioni di video. Nel frattempo le sono piovute addosso decine di cause. Quando la società pensava che la tempesta fosse in parte passata, è stata citata in giudizio da una ragazza canadese. «Da bambina sono stata abusata da un familiare – ha raccontato J.D. all’agenzia canadese CityNews – e quando è morto pensavo di potermi liberare da quell’incubo». Invece un suo ex compagno di scuola le ha mandato un messaggio con un link, segnalandole che l’aveva riconosciuta in un filmato pornografico. «Mi fa star male e mi fa schifo sapere che il mio abuso sessuale da bambina è stato visto decine e decine di migliaia di volte e scaricato su migliaia di computer, e quindi non sparirà mai definitivamente. Avevo 12 anni». J.D. ha quindi deciso di guidare una class action contro MindGeek da 600 milioni di dollari. Se MindGeek è il colosso della pornografia online,

dall’altra parte ci sono milioni di utilizzatori, molti dei quali minorenni. La Gran Bretagna è stata una delle poche Nazioni che, nel 2019, ha cercato di imporre la verifica dell’età per l’accesso ai siti web wer adulti, ma per ora ha perso «per i troppi problemi legati alla privacy».

Nel frattempo i nostri ragazzi imparano la sessualità dai video porno, mentre gli adulti fanno finta che sia normale. Un altro problema che fingiamo di non vedere è quello legato alla dipendenza dal porno. Ma sta facendo grandi danni. Così grandi che ora una società britannica ha deciso di lanciare un servizio via app, chiamato Remojo, per liberarsi in 90 giorni dalla dipendenza dalla pornografia. Come ha raccontato l’ideatore a Tech Crunch, «ho deciso di crearlo dopo avere scoperto che solo sul social Reddit oltre 1 milione di persone denunciava di avere problemi con gli effetti della pornografia».

 

www.avvenire.it 

venerdì 19 novembre 2021

PAROLE, PAROLE, PAROLE ...

di Maria Laura Conte

-          

Le parole sono numeri. Non suona poetico, ma è così: possiamo giocare con le parole come con le cifre, ci servono a valutare situazioni, a misurare rischi, a calcolare cause ed effetti, pesi e contrappesi.

Ricorriamo alle parole-numeri per de-cifrare le nostre emozioni o quelle degli altri, per mettere ordine in testaper tirare le somme di un discorso, o verificare la differenza tra quello che esce dalla nostra bocca e quello che invece abbiamo veramente in cuore, per tenere il conto dei non detti e far pagare il dovuto.

E non sarebbe poi un problema, anzi, salvo quando - spinti alla deriva - ci trasformiamo in ragionieri nell’incontro-scontro con le parole degli altri: “Ma tu avevi detto, ma io avevo capito, tu hai frainteso, io intendevo…”. Pura ragioneria lessicale, no? Messaggi che montano a neve il disagio.

Nel mondo distopico delle chat di gruppo su whatsapp, l’esperienza dell’incomprensione verbale è quotidiana, quasi da manuale: richieste di precisazioni, qui pro quo, scambi di sillabe che generano litigi con l’esito di abbandoni e uscite dal gruppo che alle volte sfiorano il clamoroso. Quando arriva il messaggio “Tizio ha abbandonato”, è la resa: la ragioneria linguistica ha vinto sulle relazioni personali.

Il caso delle chat dei social media è autoevidente e si spiega in parte perché le parole viaggiano senza corpi sulle piattaforme digitali, disincarnate, così è più facile che la relazione personale resti sullo sfondo fino a scomparire. Il volto dell’altro si sgrana.

Ma accade anche “on life”, non solo online: se non cedono il passo a una forma di cura per l’altro/altra a cui si rivolgono, se non si abbandonano a una certa dose di fiducia a priori per l’interlocutore, le parole diventano equazioni irrisolvibili.

Adesso ci sediamo e ne parliamo finché ce n'è bisogno

Scene da un matrimonio …..

Cioè lasciata sola la parola non sempre diventa “alata”, come la voleva Omero, cioè in grado di raggiungere il cuore del destinatario, ma si muove nell’aria come quegli uccelli che, convinti verso la loro meta, ingannati dal riflesso, a volte finiscono per sbattere contro il vetro delle finestre e precipitano.

Quando la stoffa della stima (dell’amicizia, della fiducia, dell’amore) si consuma, quando la relazione interpersonale si corrompe, lo scambio diventa come la prima nota di un amministratore: si incolonnano le responsabilità, si attribuiscono le colpe, si sommano le attese non soddisfatte, si denunciano promesse non mantenute: “ti avevo detto così, no tu avevi detto colà, speravo che tu, ma invece io…”. Non ci si capisce, e si precipita in un esercizio sterile, mentre la distanza tra quello che si vorrebbe dire e quel che viene inteso aumenta e corrompe quel che resta.

Accade in famiglia, in politica, al lavoro, nel tempo libero. Dovunque ci incontriamo e da sempre. Tutti gli attributi della parola, il potere di eliminare la sofferenza che le riconosceva Gorgia, di salvare la res publica come predicava Cicerone, di curare lo spirito, come sosteneva Seneca, perfino di evitare la guerra come auspicava Canetti, ebbene tutti questi poteri diventano zero, sfumano, quando non ci sono uomini e donne che scommettono sulla possibilità di concedere prima fiducia. Di credere che ci sia comunque un bene in vista, qualcosa di positivo. Che non ci debba per forza essere in cantiere una fregatura, un dispetto, un attacco.

Si tratta di provare. E di lasciarsi sorprendere.

 Le parole per dirlo

 


domenica 7 novembre 2021

BEVI CHE TI PASSA .... LA VITA!

La notizia è di quelle che tutti si aspettavano (ma della quale nessuno voleva parlare): secondo l’Agenzia nazionale per la salute pubblica (ANSP), la Moldova sarebbe in cima ai paesi con il maggior consumo di alcol pro capite. E un decesso su quattro è riconducibile al consumo di alcol.

- di Alessandro Mauceri

Nei giorni scorsi, il Consiglio delle NU, nella sua decisione EB146 (14), ha chiesto al Direttore Generale dell’OMS “di sviluppare un piano d’azione 2022-2030 per attuare efficacemente la strategia globale per ridurre l’uso nocivo di alcool come priorità di salute pubblica”.

Che l’alcolismo fosse una delle principali cause di morte al mondo non è una novità.

Qualche anno fa, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) pubblicò un rapporto dal titolo “Global status report on alcohol and health” che presentava un quadro del consumo di bevande alcoliche e del carico di malattia attribuibile all’alcol in tutto in mondo. Il rapporto riportava anche le iniziative dei vari paesi per ridurre questo grave problema di sanità pubblica. Il consumo medio giornaliero era di 33 grammi di alcol puro al giorno (equivalenti a circa 2 bicchieri, ciascuno da 150 ml, di vino o una bottiglia di birra grande, 750 ml, o due bicchierini, ciascuno da 40 ml, di superalcolici). Ma questo era il consumo “medio”. Questi consumi sono concentrati quasi esclusivamente in tre aree del pianeta: in Europa (44%), Americhe (38%) e Pacifico occidentale (38%). Qui ad essere colpiti in modo particolare sono i ragazzi: statisticamente, più di un quarto (27%) di tutti i ragazzi di 15-19 anni consuma alcolici e i tassi di consumo di alcol per questa fascia d’età sono in assoluto e per frequenza i più alti registrati. Ma non basta. Alcune indagini svolte a livello scolastico indicano che, in molti paesi, l’uso di alcool inizia ben prima dei 15 anni.

Le conseguenze già nel 2016 erano preoccupanti: il consumo eccessivo di alcool è stato causa o concausa di oltre 3 milioni di morti (il 5,3% di tutti i decessi, tre vittime su quattro sono di sesso maschile). Una mortalità per il 28% dovuta a infortuni (come quelli dovuti a incidenti stradali, autolesionismo e violenza interpersonale); per il 21% a disturbi digestivi; per il 19% a malattie cardiovascolari mentre il resto è correlato ad altre condizioni di salute come malattie infettive, tumori, disturbi mentali ecc.

Preoccupanti i dati dell’Italia: il 60% degli italiani, infatti, consuma una o più dosi di alcol al giorno. Sono 8,6 milioni i consumatori a rischio, (dei quali 2,5 milioni anziani e 1,5 milioni adolescenti). L’Osservatorio Nazionale Alcol-Cneps dell’Istituto Superiore di Sanità, parla di circa 700mila consumatori “dannosi”, che presentano problemi di salute conseguenti al consumo di alcol. E con un trend che dopo anni di miglioramento è tornato a crescere: secondo gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità si beve sempre di più per ubriacarsi. É il cosiddetto binge drinking: un problema che riguarda oltre 3,8 milioni di consumatori dei quali un numero rilevante, 830mila, pari al 21,8% del totale, di età tra gli 11 e i 25 anni.

Le conseguenze sono impietose: secondo i dati diffusi da Eurispes ed Enpam sarebbero 296mila e cinquecento uomini e 139mila donne morte per cause riconducibili al consumo eccessivo di alcool in un decennio. Un altro rapporto, “Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni. Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute. Rapporto 2020”, riporta un numero leggermente inferiore, ma pur sempre grave: 17mila morti ogni anno per cause riconducibili al consumo eccessivo di alcool. Numeri. Nell’ultimo anno la situazione mostra un netto peggioramento: i dati diffusi all’ISS in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2021 parlano di un consumo di alcol in Italia letteralmente esploso a causa dell’isolamento prodotto dal Covid.

Oggi, in Europa, il consumo di alcool è il quinto fattore di rischio per il carico di malattia globale: ogni giorno, circa 800 persone muoiono per cause attribuibili al consumo di alcol. E di queste, una percentuale molto elevata, si registra in età compresa tra 20 e 24 anni, circa 1 decesso su 4. Nella Classificazione Internazionale delle Malattie (X revisione) più di 30 categorie riguardano condizioni totalmente alcol-attribuibili e tra queste almeno 12 tipi di cancro (ma sono le condizioni parzialmente attribuibili sono oltre 200 e raddoppiano il carico di mortalità causato dall’alcol). I danni alcol-correlati non coinvolgono i soli consumatori; sempre più frequentemente le conseguenze del consumo di alcol si ripercuotono sulle famiglie e sulla comunità in generale a causa del deterioramento delle relazioni personali e di lavoro, dei comportamenti criminali (come per esempio vandalismo e violenza), della perdita di produttività e dei costi a carico dell’assistenza sanitaria.

Eppure di questi numeri non si parla mai. Come se nessuno volesse fermare questa strage. Si beve ovunque, a qualunque ora, anche con pochi soldi, sempre più lontano dai pasti. E a farlo sono le fasce più giovani della popolazione. Perché si fa così poco per fronteggiare questo fenomeno? Il motivo potrebbe venire dai numeri. Quelli delle accise. Nel 2016, secondo il Codacons, le entrate derivanti dalle accise sull’alcool (incluse birre e simili, ma esclusi i vini) ammontavano a poco più di un miliardo di euro. Queste, unite ai 9,4 miliardi di euro derivanti dai tabacchi, potrebbero spiegare come mai, uno stato che tiene alla salute dei propri cittadini (al punto da obbligare all’uso del casco e delle cinture di sicurezza), possa consentire la vendita di tabacchi e un numero così elevato di casi di alcolisti.

Seppure in ritardo pare che, finalmente, il Consiglio delle Nuabbia deciso di attivarsi: in questi giorni sono iniziate le consultazioni informali degli stati membri sulla seconda bozza del piano d’azione che verrà presentata alla 150esima sessione del Comitato esecutivo. Un documento nel quale si parla di un problema che causa più morti di quanti ne causino tubercolosi, HIV/AIDS e diabete. E dove si dice che l’Europa è la regione con la più alta percentuale di morti legati all’alcol…


 LO SPESSORE


CAMBIARE IL MONDO, UN IMPEGNO COMUNE


 Lettera aperta alle ragazze

 ed ai ragazzi 

di Friday for Future


-         di LuigiSanlorenzo

-

 

Carissimi giovani che in questi giorni state vivendo l’entusiasmante mobilitazione per il futuro del Pianeta a Glasgow, ho deciso di scrivervi questa lettera aperta per manifestare la mia vicinanza alla costanza e all’incisività del vostro movimento nel pretendere la svolta climatica che il mondo aspetta ormai da decenni.

A tutte le giovani generazioni è toccato e toccherà sempre di lottare per il cambiamento e la vostra iniziativa è in questo momento forse l’unica che sta scuotendo un mondo giovanile che sembrava ormai destinato ad invecchiare sui social, considerando la politica un’attività deludente e priva di emozioni.

Senza andare troppo lontano nel tempo vorrei ricordare i giovani che si sacrificarono nel XIX secolo per i risorgimenti nazionali, coloro che combatterono contro i fascismi e il comunismo, altri che dedicarono il proprio impegno contro la minaccia nucleare, altri ancora che negli Stati Uniti anni degli anni  cinquanta del XX secolo denunciarono le contraddizioni della società borghese occidentale dando vita alla beat generation, origine della grande contestazione partita poi dalla Francia nel 1968 e estesa  a larga parte del mondo,  incidendo profondamente su culture, ideali, costumi e linguaggi e durante la quale chi scrive trascorse anni indimenticabili e fecondi.

Da ultimo, la frontiera è quella dell’impegno per il rispetto dei diritti umani e la lotta per riconoscere a ciascuna persona la possibilità di essere cittadina del mondo e non solo del luogo dove casualmente si è trovata a nascere. Molti vostri coetanei sono in prima linea nelle ONG ed a bordo di tante navi che senza sosta percorrono le rotte più a rischio di naufragi o fanno ciò che possono per aiutare le infinite schiere di migranti che attraverso i Balcani cercando di raggiungere un’Europa non sempre all’altezza dei principi di civiltà che in essa sono sorti secoli fa.

Per natura tocca ai giovani “rompere” con il passato ed immaginare un mondo nuovo evocando quell’”immaginazione al potere” che fu lo slogan dei vostri genitori. Stavolta la sfida è globale, non conosce limiti geografici né culturali poiché è in ballo l’unico pianeta su cui viviamo e che per i prossimi secoli non avrà alcuna alternativa per la maggior parte dei suoi abitanti; l’analisi degli effetti del cambiamento climatico non riguarda stavolta contesti esclusivi ed elitari  di accademici o sociologi ma è ormai “carne viva” per quanti vedono distrutti dalla sacrosanta ribellione della Terra i risultati di vite di impegno volte a costruire città, a coltivare campagne, a migliorare la salute dei giovani nutrendoli con quelle proteine animali che ne hanno innalzato nel volgere di un secolo statura ed intelligenza media,  a generare quel progresso che, spesso inconsapevolmente per i più, è diventato ora la causa dell’attuale profondissima emergenza.

Il vostro spietato rimprovero ai grandi decisori politici o religiosi del mondo di non sapere o volere andare oltre quello che avete definito essere uno stanco “bla, bla, bla” è uno schiaffo potente alle ragioni della real politik ed interessi economici di una grandezza inimmaginabile che vi ruotano intorno e che, statene certi, cercheranno in ogni modo di contrastarvi cercando di ridurvi alla marginalità e al silenzio, quando non alla clandestinità. E’ accaduto in passato e potrebbe accadere di nuovo, dal momento che la natura umana cambia con estrema lentezza e rimane ancora prigioniera dell’avidità e dell’egoismo.

Occorre pertanto che prestiate attenzione ad alcune considerazioni che in questo articolo della domenica propongo anche a voi, quale platea più ampia di quella che solitamente legge i miei scritti.

Il rischio più grave che dovete evitare è di essere accusati di “velleitarismo” cioè di pretendere ciò che obiettivamente è impossibile fare nel giro di pochi mesi o anni. Il mondo che conosciamo, almeno in Occidente si è costruito su quei presupposti che dai vostri detrattori vengono presentati come minacciati  e liquidati con l’espressione sarcastica  “decrescita felice”: l’emancipazione delle popolazioni rurali, l’istruzione, i trasporti rapidi e a basso costo, la liberazione della donna, la digitalizzazione che permette di ridurre distanze e differenze favorendo l’inclusione dei meno fortunati e in alcuni Paesi più avanzati, compresa la Svezia di Greta Thunberg che oggi vi rappresenta, un livello di vita tra i più alti che il mondo abbia mai conosciuto e che non può essere arrestato con un clic.

Al pari di quanto accadde con l’invenzione della macchina a vapore che diede un colpo decisivo alla schiavitù secolare del lavoro manuale  e aprì la strada al concetto di “energia” le forme del progresso si sono nutrite di fonti non rinnovabili, nell’errato convincimento sino a pochi anni fa, della loro inesauribilità e in alcune parti del mondo ciò ha fatto rifiorire deserti come nella Penisola arabica o in Israele e sottrarre al mare, come in Olanda, ampie porzioni di terre abitabili e coltivabili. L’anima di questo spinta in avanti è stata il petrolio e, in alcune nazioni, l’energia nucleare resa disponibile e relativamente sicura pur tra mille polemiche e contrasti dovute al problema dello smaltimento delle scorie.

A questa spinta oggi, oltre la metà della popolazione mondiale che tra Cina e India ed i paesi africani in via di sviluppo ascende almeno 4 miliardi di persone le quali chiedono di raggiungere almeno in parte il benessere dei restanti abitanti del Pianeta, anche a costo di subire periodicamente gli effetti del cambiamento climatico. Sono popoli talmente abituati a soffrire per centinaia di motivi, che in alcun modo rinuncerebbero nell’immediato al proprio diritto allo sviluppo. Fino a quando anche essi non saranno al vostro fianco, i loro governanti esiteranno.

Da qui la diserzione della Cina, la sofferta mediazione temporale del premier indiano Nerendra Modi circa il differimento – poco convinto – della riduzione delle emissioni di CO2 al 2060, l’esitazione degli Sati Uniti che tuttavia dopo l’isolazionismo di Donald Trump sono tornati con Joe Biden a posizioni più multilaterali. Ma attenzione, anche il campione della democrazia occidentale potrebbe presto tirarsi nuovamente indietro poiché, come l’Europa, dovrebbe rivedere alla radice il proprio modello di vita, fondato sul consumo e sulla mobilità aerea e su gomma, che ne ha fatto per decenni la principale aspirazione di milioni di immigrati.

Veniamo dunque all’ Europa, il luogo dove massimamente e diffusamente si è espressa la creatività umana in ogni campo e la coscienza morale e politica della cultura in cui essa si manifesta.

Un vasto continente che – ad accezione della Scandinavia abitata complessivamente da poche decine di milioni di abitanti già frugali per proprio natura – fa costantemente i conti con la cronica mancanza di materie prime, a partire dall’acqua, alimenta tutto con l’energia elettrica, comprese le nuove automobili in grande espansione, che proviene in larga misura dal carbone, dal petrolio o dal nucleare. Voi non eravate nati quando nel 1973 lo shock petrolifero decretato dal cartello dei paesi aderenti all’OPEC lasciò a piedi centinai di milioni di persone e non avete di idea di quale prezzo fu pagato in termini politici all’Arabia Saudita per farsi mediatore, in cambio della protezione eterna da parte della NATO, come sarebbe accaduto per l’invasione del Kuwait di Saddam Hussein e per gli eventi successivi.

Nonostante molti paesi avessero “compreso l’antifona” ed avviato programmi di ricerca di energie alternative e rinnovabili, solo pochi tra essi si sono resi – parzialmente – autonomi da quelle tradizionali mantenendo inalterato il proprio stile di vita. Ricordate infatti che nella storia le rivoluzioni per il pane sono state sempre determinanti nell’abbattere troni e dominazione; quelle per la disponibilità di energia non sono da meno ed oggi equivalgono all’ennesima potenza a quelle del passato. Quindi non aspettatevi che il vostro impegno possa vedere risultati a breve dal momento che ci troviamo davanti ad una transizione ecologica impossibile da portare a compimento prima di una transizione antropologica per la quale occorrono, nella migliore ipotesi, decenni.

I governi sembrano più disposti ad investire per proteggersi dagli effetti del cambiamento climatico – e con la tecnologia di cui si dispone potrebbero riuscirci – piuttosto che costringere centinaia di milioni di persone a rinunziare all’automobile, al fresco in estate o al caldo in inverno, alla disponibilità di elettrodomestici ormai ritenuti irrinunciabili, all’utilizzo di device la cui richiesta di energia tradizionale ancora per molti anni non potrà mai essere sostituita da attuali o future fonti  alternative,  nella medesima quantità.

“E allora?” chiederete, magari con sarcasmo. Allora dovete mettervi in testa due cose: il processo avverrà con la gradualità necessaria alle industrie per riconvertirsi, agli stati per finanziare la transizione ecologica mondiale e alle persone dei paesi più avanzati per accettare alcuni cambiamenti irrinunciabili. Tutto ciò richiede gradualità e tanta ricerca.

Ma è a voi che tocca dare il segnale più importante che, oltre la doverosa protesta e il continuo memento ai governanti, coinciderà con la personale progressiva rinuncia ad alcuni stili di vita energivori per testimoniare che di quanto giustamente chiedete l’attuazione siete disposti, per primi a pagare il prezzo; bello e significativo è stato il segnale di recarsi a Glasgow in treno e non in aereo, ma quanto durerà nella vita di tutti i giorni? Si ridurrà l’uso dei vostri smartphone per risparmiare quelle batterie il cui cuore costa lacrime e sangue a chi lo estrae in condizioni di schiavitù in miniere lontane? Rinuncerete, fino al completamento della transizione, a fare tardi la notte per regolare invece la vostra vita, frattanto diventata adulta, sul ritmo della luce del giorno?

Scuoterete la testa sdegnati quando con i vostri master (che non possono essere certo conseguiti tutti nel settore ambientale) vi vedrete offrire un posto di lavoro in un’industria ancora in ritardo sul piano energetico? Siete disposti infine a fronteggiare e neutralizzare quanti, utilizzando in mala fede il vostro messaggio, già vi costruiscono sopra prospettive di potere personale, come è avvenuto in anni recenti con l’antimafia di facciata?

La risposta non ve la posso dare io anche se quando toccò a me, alcune scelte pagarono volentieri il prezzo delle mie idee giovanili. Lascio invece che ve la dia il Premio Nobel per la letteratura nel 1907, uno “sporco” colonialista, almeno così sostiene qualcuno che ne vuole abbattere le statue nel mondo, ma che però di formazione del carattere e di fermezza di principi (del suo tempo ovviamente) si intendeva molto:

“Se riuscirai a mantenere la calma quando tutti intorno a tela perdono, e te ne fanno una colpa. Se riuscirai a avere fiducia in te quando tutti ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio. Se riuscirai ad aspettare senza stancarti di aspettare, O essendo calunniato, non rispondere con la calunnia, O essendo odiato a non lasciarti prendere dall’odio, Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio; Se riuscirai a sognare, senza fare del sogno il tuo padrone; Se riuscirai a pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo; se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina, e trattare allo stesso modo questi due impostori. Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto distorta dai furfanti per ingannare gli sciocchi, o a vedere le cose per cui hai dato la vita, distrutte, e piegarti a ricostruirle con strumenti ormai logori. Se riuscirai a fare un solo mucchio di tutte le tue fortune e rischiarle in un colpo solo a testa e croce, e perdere, e ricominciare di nuovo dal principio senza mai far parola della tua perdita.
Se riuscirai a costringere cuore, nervi e tendini a servire il tuo traguardo quando sono da tempo sfiniti, E a tenere duro quando in te non resta altro se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”

Se riuscirai a parlare alla folla e a conservare la tua virtù, O passeggiare con i Re, senza perdere il senso comune, Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti, Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo. Se riuscirai a riempire l’inesorabile minuto. Con un istante del valore di sessanta secondi, Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa, E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio! “Rudyard Kipling, 1835.

Alla sua morte nel 1936,  il corpo venne cremato e le ceneri sono custodite presso l’Abbazia di Westminster, a Londra. Visto che viaggiate in treno, fate una sosta e andate a trovarlo, ripensando ai sui versi. Non potranno che aiutarvi nella vostra sacrosanta battaglia.

Buon futuro ragazzi, non vi lasceremo soli, ma adesso tocca a voi!


LO SPESSORE