lunedì 31 dicembre 2018

AL TERMINE DI UN ANNO .... GRAZIE!

Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,
per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.
Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.
Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelle a me più vicine,
quelle che sono più lontane,
quelle che se ne sono andate,
quelle che mi hanno chiesto una mano
e quelle che ho potuto aiutare,
quelle con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.
Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato;
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi.
Semplicemente … ti chiedo perdono.
Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’ oggi e il domani, il passato e il futuro, 
e, all'inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario 
ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.
Aiutami a viverli degnamente e pienamente.

Anonimo (giovane contadino sudamericano)
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ARTIGIANI DI PACE - Messaggio per la giornata mondiale della pace - 1 gennaio 2019


MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO
 PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
".....  Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. 
La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. 
Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. 
In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell'ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. 
Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana..... "

sabato 29 dicembre 2018

ANNO NUOVO, VITA NUOVA

Il buon

 proposito? 

Amore e coraggio

di Alberto Caprotti*
Non c’è momento più inevitabile di fine dicembre per chiedersi che cosa si possa fare il prossimo anno per sentirsi migliori. O forse anche per sentirsi e basta.
Magari imparare a chiedere scusa, desiderare meno, vivere di più, farsi meno domande, dare meno risposte, osare il giusto... Ci ho pensato a lungo ma, per quanto mi riguarda, la lista dei buoni propositi per il 2019 è più corta della lista dei buoni propositi che non sono riuscito a realizzare negli ultimi dieci anni.
Eppure, siamo affamati, direbbe Steve Jobs. Affamati di cose scintillanti, di storie di successo, di esempi che indichino una direzione di marcia. Un senso, prima ancora che un dissenso.
E allora non è difficile sognare di imparare a ballare un tango, o di vedere da vicino l’aurora boreale. Oppure, fare i fenomeni, puntare più in alto e progettare di riuscire a ballare un tango mentre sorge l’aurora boreale.
Però si possono immaginare grandi cose anche a chilometro zero. Per esempio smettere di lamentarsi, leggere un libro in più, afferrare il tempo, regalare un sorriso a chi non se lo aspetta, evitare di pretendere sempre dagli altri la risoluzione dei propri problemi. Diventare adulti, insomma, profondi ma leggeri. Il problema è che il sacco dei buoni propositi non è come quello di Babbo Natale: si rompe quasi sempre. Come l’illusione di cambiare, primo, gigantesco e universale obiettivo che quasi tutti si pongono. Ma cambiare come? Provarci per il solo gusto di farlo è da isterici. Rinunciare a provarci è da vigliacchi. In amore, sul lavoro, in tutto: cambiare è rompere gli schemi. Fa paura, spiazza gli altri, ma prima ancora destabilizza noi stessi, se la motivazione è sottile. Allora per rispondere alla domanda, per sapere cosa augurarsi dal nuovo anno, il rischio è quello di affidarsi alla retorica. E pensare che dovremmo puntare ad avere una nuova anima, una nuova spina dorsale, nuove orecchie e occhi nuovi. E vivere in rimonta perché c’è sempre un secondo tempo da giocare.
Troppo facile però, scontato, zuccheroso. Servirebbe altro, di più.
Quando chiesero a Wayne Gretzky, il miglior giocatore di hockey su ghiaccio di tutti i tempi, quale fosse il segreto del suo successo, lui rispose: «Pattino sempre verso il punto dove penso che finirà il dischetto, non verso quello in cui si trova in quel momento...». Ecco, il dischetto che si muove sono i nostri desideri. Meglio inseguirli allora, guardare avanti, regalarsi un po’ di ottimismo, imparare dagli innamorati: gli unici che osano ancora coniugare i verbi al futuro. Innamorarsi di qualcuno, di qualcosa, anche solo di un’idea, qualunque essa sia: questo probabilmente può bastare per dare un senso ai prossimi dodici mesi. Perché la vita è più semplice quando la si affronta con la logica di una passione: i cinici non sanno più neanche come si faccia ma molti, per quanto piegati da un anno difficile, concorderanno che la riscossa non può che partire da lì.
Se però devo scegliere una cosa sola, un solo desiderio da estrarre dalla lampada, prendendo in prestito un pensiero che ho letto da qualche parte, al nuovo anno alla fine vorrei chiedere di regalarmi il coraggio.
Il coraggio di fare ogni giorno almeno una cosa di cui ho paura. Perché la paura è ombra, uccide la mente, fa tornare indietro. Mentre il modo migliore per venirne fuori, quasi sempre è buttarsi dentro.
* www.Avvenire.it

BUONA STRADA A TUTTE E TUTTI!
SAPIENZA E SAGGEZZA CI ORIENTINO ED ACCOMPAGNINO VERSO IL FUTURO.
IL SIGNORE BENEDICA E SOSTENGA IL NOSTRO CAMMINO PERSONALE E COMUNITARIO!

venerdì 28 dicembre 2018

SCAUTISMO E BUONA SALUTE

Abbiamo visto gli scout in tantissimi film americani. Non c’è volta in cui non li vediamo occupati in attività svolte all’aria aperta mentre vengono capitanati da persone che li invogliano ad adottare un grande spirito di squadra e ad avere tanta fiducia in loro stessi. Non a caso il fondatore del movimento scout, Robert Baden-Powell, scriveva: “ È qui dunque lo scopo più importante della formazione scout: educare. Non istruire, si badi bene, ma educare; cioè spingere il ragazzo ad apprendere da sé, di sua spontanea volontà, ciò che gli serve per formarsi una propria personalità”.
Secondo uno studio condotto dall’Università di Edimburgo e da quella di Glasgow, pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, pare che gli adulti di circa 50 anni che da piccoli sono stati negli scout abbiano minore probabilità di sviluppare malattie mentali o disturbi psicologici.
Nello specifico, questo studio è stato condotto su ben 10.000 persone inglesi nate nel 1958 ed è il classico “studio di coorte“, ovvero un tipo di studio osservativo che consiste nell’analizzare alcuni fattori di rischio su gruppi di individui selezionati sulla base di alcune caratteristiche in comune. Secondo quanto rivelato dai risultati, circa un quarto dei partecipanti era stato negli scout e il rischio minore che potesse riscontrare disturbi dell’umore o ansia rispetto alla restante parte era di circa il 15%.
Ma perché accade questo? Oltre alle attività e alle caratteristiche già citate, lo scoutismo mira allo sviluppo della capacità di recupero contro i casi di stress più comuni; evita, dunque, l’incombere dello stress mentre si stanno affrontando determinate esperienze e che, al contrario, si riscontri un aumento delle possibilità di successo.

Secondo i ricercatori, incoraggiare questo tipo di attività a basso costo (disponibili a livello mondiale nelle apposite strutture già esistenti) può essere una risposta efficace sia dal punto di vista politico che economico poiché si contribuisce a evitare che ci si ammali una volta raggiunta l’età avanzata.


lunedì 24 dicembre 2018

NATALE, LA GIOIA DI ESSERE SANTI!

Papa Francesco: " .... Il Natale è per eccellenza una festa gioiosa, ma spesso ci accorgiamo che la gente, e forse noi stessi, siamo presi da tante cose e alla fine la gioia non c’è, o, se c’è, è molto superficiale. Perché?

         Mi è venuta in mente quella espressione dello scrittore francese Léon Bloy: «Non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi» (La donna povera, Reggio Emilia 1978, p. 375; cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 34).               Dunque, il contrario della tristezza, cioè la gioia, è legata all’essere santi. Anche la gioia del Natale. Essere buoni, almeno avere il desiderio di essere buoni.
        Guardiamo il presepe. Chi è felice, nel presepe? Questo mi piacerebbe chiederlo a voi bambini, che amate osservare le statuine… e magari anche muoverle un po’, spostarle, facendo arrabbiare il papà, che le ha sistemate con tanta cura!
      Allora, chi è felice nel presepe? La Madonna e San Giuseppe sono pieni di gioia: guardano il Bambino Gesù e sono felici perché, dopo mille preoccupazioni, hanno accolto questo Regalo di Dio, con tanta fede e tanto amore. Sono “straripanti” di santità e quindi di gioia. E voi mi direte: per forza! Sono la Madonna e San Giuseppe! Sì, ma non pensiamo che per loro sia stato facile: santi non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro.
     Poi, pieni di gioia sono i pastori. Anche i pastori sono santi, certo, perché hanno risposto all’annuncio degli angeli, sono accorsi subito alla grotta e hanno riconosciuto il segno del Bambino nella mangiatoia. Non era scontato. In particolare, nei presepi c’è spesso un pastorello, giovane, che guarda verso la grotta con aria trasognata, incantata: quel pastore esprime la gioia stupita di chi accoglie il mistero di Gesù con animo di fanciullo. Questo è un tratto della santità: conservare la capacità di stupirsi, di meravigliarsi davanti ai doni di Dio, alle sue “sorprese”, e il dono più grande, la sorpresa sempre nuova è Gesù. La grande sorpresa è Dio!
         Poi, in alcuni presepi, quelli più grandi, con tanti personaggi, ci sono i mestieri: il ciabattino, l’acquaiolo, il fabbro, il fornaio…, e chi più ne ha più ne metta. E tutti sono felici. Perché? Perché sono come “contagiati” dalla gioia dell’avvenimento a cui partecipano, cioè la nascita di Gesù. Così anche il loro lavoro è santificato dalla presenza di Gesù, dalla sua venuta in mezzo a noi.
        E questo ci fa pensare anche al nostro lavoro. Naturalmente lavorare ha sempre una parte di fatica, è normale. Ma io nella mia terra conoscevo qualcuno che non faticava mai: faceva finta di lavorare, ma non lavorava. Non faceva fatica, si capisce! Ma se ciascuno riflette un po’ della santità di Gesù, basta poco, un piccolo raggio – un sorriso, un’attenzione, una cortesia, un chiedere scusa – allora tutto l’ambiente del lavoro diventa più “respirabile”, non è vero? Si dirada quel clima pesante che a volte noi uomini e donne creiamo con le nostre prepotenze, le chiusure, i pregiudizi, e si lavora anche meglio, con più frutto.
      C’è una cosa che ci rende tristi nel lavoro e fa ammalare l’ambiente del lavoro: è il chiacchiericcio. Per favore, non parlare male degli altri, non sparlare. “Sì, ma quello mi è antipatico, e quello…”. Guarda, prega per lui, ma non sparlare, per favore, perché questo distrugge: distrugge l’amicizia, la spontaneità. E criticare questo e quello. Guarda, meglio tacere. Se tu hai qualcosa contro di lui, vai e dillo direttamente. Ma non sparlare. “Eh padre, viene da sé, di sparlare…”. Ma c’è una bella medicina per non sparlare, ve la dirò: mordersi la lingua. Quando ti viene la voglia, morditi la lingua e così non sparlerai.
         Anche negli ambienti di lavoro esiste “la santità della porta accanto” (cfr Gaudete et exsultate, 6-9). Anche qui in Vaticano, certo, io posso testimoniarlo. Conosco alcuni di voi che sono un esempio di vita: lavorano per la famiglia, e sempre con quel sorriso, con quella laboriosità sana, bella. È possibile la santità. È possibile. Questo è ormai il mio sesto Natale da Vescovo di Roma, e devo dire che ho conosciuto diversi santi e sante che lavorano qui. Santi e sante che vivono la vita cristiana bene, e se fanno qualche cosa brutta chiedono scusa. Ma vanno avanti, con la famiglia. Si può vivere così. È una grazia, ed è tanto bello. Di solito sono persone che non appaiono, persone semplici, modeste, ma che fanno tanto bene nel lavoro e nei rapporti con gli altri. E sono persone gioiose; non perché ridono sempre, no, ma perché hanno dentro una grande serenità e sanno trasmetterla agli altri. E da dove viene quella serenità? Sempre da Lui, Gesù, il Dio-con-noi. È Lui la fonte della nostra gioia, sia personale, sia in famiglia, sia sul lavoro.
        Allora il mio augurio è questo: essere santi, per essere felici. Ma non santi da immaginetta, no, no. Santi normali. Santi e sante in carne e ossa, col nostro carattere, i nostri difetti, anche i nostri peccati – chiediamo perdono e andiamo avanti –, ma pronti a lasciarci “contagiare” dalla presenza di Gesù in mezzo a noi, pronti ad accorrere a Lui, come i pastori, per vedere questo Avvenimento, questo Segno incredibile che Dio ci ha dato. Cosa dicevano gli angeli? «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). Andremo a vederlo? O saremo presi da altre cose?
        Cari fratelli e sorelle, non abbiamo paura della santità. Vi assicuro, è la strada della gioia. Buon Natale a tutti!"