lunedì 23 dicembre 2019

E' NATALE. ANDIAMO A BETLEMME! AUGURI A VOI TUTTI !


«Andiamo dunque fino a Betlemme» (Lc 2,15): così dissero e fecero i pastori. 

Pure noi, Signore, vogliamo venire a Betlemme. 
Voglio arrivare a Betlemme, Signore, perché è lì che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita
Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo. 
Prendimi sulle tue spalle, buon Pastore: da Te amato, potrò anch’io amare e prendere per mano i fratelli. 
Allora sarà Natale, quando potrò dirti: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo” (cfr Gv 21,17).
Papa Francesco

"Andiamo fino a Betlem, come i pastori. L'importante è muoversi. Per Gesù Cristo vale la pena lasciare tutto: ve lo assicuro. E se, invece di un Dio glorioso, ci imbattiamo nella fragilità di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, non ci venga il dubbio di aver sbagliato percorso.
Perché, da quella notte, le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono divenuti i simboli nuovi dell'onnipotenza di Dio. Anzi, da quel Natale, il volto spaurito degli oppressi, le membra dei sofferenti, la solitudine degli infelici, l'amarezza di tutti gli ultimi della terra, sono divenuti il luogo dove egli continua a vivere in clandestinità. A noi il compito di cercarlo. E saremo beati se sapremo riconoscere il tempo della sua visita.
Mettiamoci in cammino, senza paura. Il Natale di quest'anno ci farà trovare Gesù e, con lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell'impegno storico, lo stupore della vera libertà, la tenerezza della preghiera.
Allora, finalmente, non solo il cielo dei nostri presepi, ma anche quello della nostra anima sarà libero di smog, privo di segni di morte, e illuminato di stelle.
E dal nostro cuore, non più pietrificato dalle delusioni, strariperà la speranza" 
+ Tonino Bello.

AUGURIAMO A VOI TUTTI E FAMILIARI 
UN SANTO NATALE!


sabato 14 dicembre 2019

ITALIANI, OLTRE IL VITTIMISMO - IL RAPPORTO CENSIS


L’analisi del Censis,

 i punti di ripartenza
È utile tornare sul Rapporto Censis 2019, dossier che ci aiuta a leggere l’evolu zione del nostro Paese. Di fronte alla crisi economica, ma non solo, di questi anni gli italiani – come ha sottolineato su 'Avvenire' Alessia Guerrieri – hanno messo in campo «una risposta individuale». È a tutti evidente che tra gli italiani, incerti sul futuro, delusi dalla politica, consapevoli della crisi demografica, intossicati dalle percezioni che diventano verità sui social e sui mass media, presi da un’ansia spesso senza nome, si è rafforzata l’antica tendenza a guardare al proprio 'particulare', a puntare – per usare le parole del Rapporto – alla «solitaria difesa di se stessi».
L’Italia del 2019 appare sfiduciata sulla possibilità di un miglioramento per sé e per la società nel suo complesso: «Il 69% degli italiani è convinto che la mobilità sociale sia bloccata». Secondo il 74% «l’economia continuerà a oscillare tra mini-crescita e stagnazione», mentre il restante 26% è certo che sia in arrivo «una nuova recessione». Davanti a un tale scenario, forte è la tentazione di contare solo «sulle proprie forze», di architettare «stratagemmi individuali per difendersi dalla scomparsa del futuro». Eppure, una tale narrazione non spiega del tutto alcuni dati in controtendenza. E non mi riferisco soltanto alle «piastre di sostegno» e ai «muretti di pietra a secco» che, per il Rapporto, permettono di puntellare il terreno del benessere
e preservare la tenuta della convivenza sociale.
È interessante sottolineare il tentativo di ricostruzione del tessuto connettivo a partire da una nuova relazionalità, nonché da un più marcato investimento sulla cultura: gli italiani che hanno visitato monumenti o siti archeologici sono aumentati del 31,1% negli ultimi dieci anni, quelli che sono entrati in un museo del 14%, quelli che prestano «attività gratuite in associazioni di volontariato» del 19,7%.
C’è anche una success story: quella dell’integrazione in Italia dei non italiani di nascita. Le imprese straniere «sono enormemente cresciute anche negli anni della crisi», e mentre gli imprenditori nostrani «diminuivano del 16,3%, quelli stranieri sono aumentati del 48,4% (quelli extracomunitari del 57,6%)». E ancora: se nelle nostre scuole gli alunni di origine straniera non sono certo pochi (857.729, dato 2018), gli strumenti messi in campo in questi anni si sono rivelati tanto utili «che si registra un miglioramento dei tassi di scolarità, regolarità negli studi e successo formativo». Il dato è ancora più interessante se si pensa al ritardo con cui si aspetta una legge sulla cittadinanza basata sullo ius culturae e la retorica negativa, rivendicativa, repulsiva e vittimistica con cui viene avvolto deliberatamente quasi ogni discorso sull’immigrazione-invasione e sul ruolo degli immigrati in Italia.
Viviamo insomma – ma ormai dovremmo esserci abituati – in un Paese complesso e contraddittorio, in cui il «furore di vivere» di cui parla il Rapporto è insieme fattore d’ordine e di disordine. Disordine che è prima di tutto nell’umore, nei comportamenti. Il segretario generale del Censis Giorgio De Rita, dice che «l’errore della politica è stato quello di non essere stata capace di decidere». Ma gli italiani lo sono stati in questi anni? Ci sono segnali allarmanti: il dilagare di disturbi di varia natura, la crescita della sfiducia e del contenzioso, la ricerca di una compensazione emotiva in quello specchio di sé che è lo smartphone: «Il 74% degli italiani si è sentito molto stressato per questioni familiari, per il lavoro o senza un motivo preciso; nel giro di tre anni il consumo di ansiolitici e sedativi è aumentato del 23%; il 75% non si fida più degli altri; il 49% ha subito nel corso dell’anno insulti o spintoni in un luogo pubblico; il 26% ha litigato con qualcuno
per strada; più di un italiano su due controlla il telefono come primo gesto al mattino o l’ultima attività della sera».
Il quadro Censis è, così, in chiaroscuro. E riflette il nostro disordine, o forse meglio il nostro spaesamento nel mondo globale. Vi è raffigurato un Paese che ha vissuto delle difficoltà e si è ritratto in sé stesso, finendo così per aggravare le proprie condizioni. Le potenzialità che comunque l’Italia esprime – e in questo i 'nuovi italiani' sono generalmente un fattore positivo – potrebbero incamminarla verso un futuro differente. Se solo accettasse di fare i conti con il proprio vittimismo e riconoscesse che esso è il grande freno a ogni scatto verso un orizzonte meno incerto o meno cupo.



giovedì 12 dicembre 2019

UN PATTO TRA LE GENERAZIONI

Si è svolto a Firenze il III Forum di etica civile, promosso da una serie di realtà culturali e sociali radicate su tutto il territorio italiano. 
I partecipanti al Forum hanno prodotto e firmato un patto fra le generazioni che riprende alcune fra le principali questioni per lo sviluppo culturale, politico, economico e sociale del nostro Paese.
Degli esiti dell’appuntamento fiorentino, parliamo con Simone Morandini. Vicepreside dell’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, Morandini è coordinatore del progetto Etica, Teologia e Filosofia della Fondazione Lanza di Padova. Fa parte del gruppo Custodia del creato dell’Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della CEI ed è membro della presidenza ATISM.

 Negli ultimi tempi, si registra nella nostra comunità nazionale un aumento di tensioni sociali e politiche spesso alimentate da logiche di chiusura e di scontro. In questo panorama culturale, che significato ha l’espressione “etica civile”?
Etica civile: una prospettiva morale tesa a costruire vita buona assieme nella società plurale. Una linea di ricerca, dunque, che mira a ritessere quelle reti di relazionalità solidale che stanno alla base della convivenza civile, valorizzando una pluralità di contributi ideali.
In questo senso ha una particolare importanza la città, nella sua valenza simbolica come nella sua concretezza reale: essa dice di uno spazio plurale, che consente ad ognuno di sviluppare al meglio le proprie potenzialità, ma che esige al contempo di vivere da cittadini (e non da free-riders, che si limitano approfittare dei vantaggi loro offerti), da soggetti civili (e non incivili).
C’è quindi un gioco di diritti e di doveri che interessa un’etica civile, ma anche una comprensione del  bene comune che va persino aldilà di essi fino ad interessare gli spazi dell’economia, della politica, del rapporto all’ambiente…
– Perché, per la nostra società, è così importante un patto fra le generazioni?
Il rapporto tra le generazioni è stato individuato dai promotori del III Forum – una ventina di soggetti associativi della società civile (dalla Fondazione Lanza alla FUCI, da Aggiornamenti Sociali alla FOCSIV ed alla Fondazione Finanza Etica) – come particolarmente critico per questo nostro tempo.
Da un lato, infatti, gli sviluppi delle tecniche della comunicazione rendono sempre più acuto il gap comunicativo tra le diverse età; dall’altro si va disegnando – specie in Italia – una paradossale situazione, in cui all’esaltazione verbale di uno stile di vita giovanile si accompagna una marginalizzazione dei giovani dalla vita sociale e politica.
Lo ha ben evidenziato il professor Alessandro Rosina (Università Cattolica di Milano) nel suo intervento al Forum fiorentino: le dinamiche demografiche, una struttura distorta del mercato del lavoro ed il peso del debito pubblico pongono pesanti ipoteche sulla possibilità dei giovani di assumere ruoli attivi nello spazio sociale, impedendo così loro di dispiegare il contributo di creatività ed innovazione che portano con sé.
Né va dimenticata la pesante ipoteca posta sul futuro di tutti dal degrado ambientale ed in particolare dal mutamento climatico in atto.
In questo contesto si è posto il Forum, interrogandosi su come costruire una diversa relazione tra le generazioni, nel segno di una responsabilità condivisa, pur nella distinzione dei ruoli. L’orizzonte è quello di una società davvero orientata alla giustizia tra le generazioni, tra i generi, tra presente e futuro.
– Quali sono le peculiarità del patto che avete sottoscritto a conclusione del III Forum di Etica civile?
Il Patto è il frutto di una riflessione che i soggetti promotori hanno condotto ormai da più di un anno, tramite diversi eventi preparatori sul territorio nazionale. Esso raccoglie una serie di proposte che sono stati individuate come essenziali per un rinnovamento della vita civile nel nostro paese in vista di un più equilibrato rapporto intergenerazionale.
Il Patto tra generazioni è stato quindi rielaborato nel corso del Forum (specie nei dieci gruppi di discussione tematici) ed è stato siglato al termine di esso. Adesso è accessibile sul sito www.forumeticacivile.com, dove invito ognuno ed ognuna a prenderne visione ed a firmarlo – sia a titolo personale, sia eventualmente, per chi ne ha titolo, a nome dei rispettivi soggetti associativi.
Aggiungo che il Patto è intenzionalmente essenziale e sintetico, benché già articolato; un più ampio testo di Premesse, pure accessibile sullo stesso sito, consente peraltro di comprendere quale sia l’orizzonte concettuale in cui esso si colloca. Per chi desiderasse poi un ulteriore livello di approfondimento, segnalo l’agile volume pubblicato dalla Fondazione Lanza proprio in occasione del Forum Etica delle generazioni (Proget Edizioni, Padova 2019, da richiedere sul sito dell’editore).
– Caduto il muro di Berlino e terminata la stagione dei partiti di massa, la politica odierna pare sempre più disorientata da spinte estremiste. Perché è importante tornare all’educazione al pensiero politico?
L’estremismo dei diversi populismi è un tentativo di offrire risposte semplici a società attraversate invece da tensioni sempre più cariche di complessità.
Spesso, però, le soluzioni proposte sono del tutto inadeguate, come se l’individuazione di un nemico bastasse ad affrontare un problema.
Per farvi effettivamente fronte occorre invece una politica che sappia farsi carico di quella relazionalità articolata che abita ormai le nostre città. L’esigenza di un pensiero davvero comprensivo – e di un’educazione ad esso – si salda quindi con l’urgenza di condensare tale esigenza in parole efficaci e mobilitanti. L’etica civile vuole essere uno sguardo in tale direzione, ma ha ancora bisogno di buone gambe, di cuore, di testa e di mani attive per crescere ed ampliare il proprio orizzonte.
– A suo parere, quanto e perché l’impianto culturale e antropologico dell’enciclica di Francesco Laudato si’ può contribuire alla promozione dell’etica civile?
L’Enciclica Laudato Si’ è un vero e proprio testo di convocazione, teso a mobilitare una varietà di energie, di competenze e di ispirazioni ideali per la cura della casa comune.
Se certo un primo referente di tale espressione è la terra (l’oikos, la casa che ci porta), tuttavia lo sguardo di Francesco coglie acutamente l’intreccio di relazioni tra la dimensione ambientale, quella socio-economica e quella culturale.
L’espressione ecologia integrale ben compendia tale approccio, che trova espressione nell’esigenza di una conversione ecologica che dalla spiritualità e dall’educazione si estenda ai comportamenti quotidiani, per raggiungere lo spazio pubblico. Un testo, insomma, estremamente prezioso, che ha costituito una fonte di ispirazione di grande rilievo per i lavori del Forum.



martedì 3 dicembre 2019

EDUCARE E' SCOPRIRE LA VITA E LA SUA BELLEZZA

Due riflessioni che prendono le mosse dal pensiero di Vittorino Andreoli, noto psichiatra e scrittore italiano sul senso dell’educazione. Infatti, al di là dei metodi (che sono tutti, ugualmente limitanti, pur avendo svariati pregi) rimane il dilemma di capire cosa significhi educare.

EDUCAZIONE COME SCOPERTA DELLA VITA
“Il primo requisito per rendere possibile l’educazione è far scoprire la vita e la sua bellezza” (Vittorino Andreoli).
Questo passaggio è il più difficile: la vita e la bellezza, infatti, sono straordinariamente complesse. L’educazione moderna, spesso, semplifica fino all’eccesso. Prendiamo un esempio: quando parliamo di sviluppo sensoriale, pur toccando un tema nodale all’interno dello sviluppo psicologico, non possiamo dimenticare che ci sono infinite altre sfere della persona e della sua crescita bisognose di attenzione. Il rischio dell’educazione moderna è quello di risultare sbilanciata, a favore di alcuni elementi quali sensorialità, socialità, logica. Sono elementi essenziali, è vero, ma lo sono anche tutti gli altri.
Il Prof. Andreoli si sofferma spesso sul tema dell’unicità dell’uomo, che va considerato nel suo insieme, in termini olistici: non possiamo ridurlo ad una sequenza di sintomi (per quanto attiene alla psichiatria), comportamenti o linee di sviluppo.
Dunque, nello sforzo di educare, dovremmo innanzitutto trasmettere il nostro amore per la vita, la nostra ricerca per la bellezza. Inevitabilmente chi farà propri questi elementi li modificherà; alle volte saranno stravolti rispetto a come noi li intendevamo. Eppure, se saremo riusciti a trasmettere la passione, il nostro sforzo sarà produttivo.

EDUCAZIONE COME RELAZIONE
“L’educazione è una relazione tra due persone di generazioni diverse. Un buon educatore deve essere fragile. La fragilità è la forza della relazione” (Vittorino Andreoli).
Questo passaggio è particolarmente significativo per comprendere come l’educazione non si possa limitare ad una staffetta di valori. 
Educare significa accettare il rischio di mescolare i propri valori con quelli dell’altro, di contaminarsi. Non possiamo in alcun modo educare se rinunciamo a comprendere il mondo dell’altro; questo è specialmente valido quando si parla di adolescenza, oppure di relazioni difficili.
Prima di Andreoli, un altro grande (tra i tanti) aveva trattato il tema della relazione nei termini della fragilità: Antoine de Saint-Exupéry; ne “Il Piccolo Principe”, infatti, il dialogo con la Volpe, mette proprio in evidenza come le relazioni siano qualcosa che ha a che fare con la fragilità della nostra natura, capaci anche di fare soffrire; le relazioni si costruiscono giorno dopo giorno, un mattoncino sopra l’altro. E ogni tanto, inevitabilmente, qualcuno di essi cede.
Proprio la lettura (e rilettura) di questo testo può aiutarci a capire meglio l’importanza della fragilità, intesa non come debolezza ma come consapevolezza.

NOTA: le citazioni contenute in questo passo sono “riadattate” mettendo insieme alcuni stralci dell’intervista che Andreoli ha rilasciato al SIR (Servizio Informazione Religiosa) e che potete leggere integralmente
 qui.


da Portale bambini