sabato 30 novembre 2019

Christus vivit, io ho scelto di consacrarmi

A un anno dal Sinodo sui giovani, ragazzi e ragazze dal mondo si confrontano con la "Christus vivit", l'Esortazione apostolica di Papa Francesco. “Una grande chiamata davanti a una piccola risposta di gratitudine”. Così Barbara descrive la propria vocazione, quella non di una suora, ma di una giovane missionaria che ha scelto di testimoniare Dio donandosi a Lui. Scrive il Papa: Gesù getta sempre le reti          
“Christus vivit” (par. 274-277)
Vocazioni a una consacrazione speciale
274. Se partiamo dalla convinzione che lo Spirito continua a suscitare vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, possiamo “gettare di nuovo le reti” nel nome del Signore, con piena fiducia. Possiamo – e dobbiamo – avere il coraggio di dire ad ogni giovane di interrogarsi sulla possibilità di seguire questa strada.
275. Alcune volte ho fatto questa proposta a dei giovani, che mi hanno risposto quasi in tono beffardo dicendo: «No, veramente io non vado in quella direzione». Tuttavia, anni dopo alcuni di loro erano in Seminario. Il Signore non può venir meno alla sua promessa di non lasciare la Chiesa priva dei pastori, senza i quali non potrebbe vivere né svolgere la sua missione. E se alcuni sacerdoti non danno una buona testimonianza, non per questo il Signore smetterà di chiamare. Al contrario, Egli raddoppia la posta, perché non cessa di prendersi cura della sua amata Chiesa.
276. Nel discernimento di una vocazione non si deve escludere la possibilità di consacrarsi a Dio nel sacerdozio, nella vita religiosa o in altre forme di consacrazione. Perché escluderlo? Abbi la certezza che, se riconosci una chiamata di Dio e la segui, ciò sarà la cosa che darà pienezza alla tua vita.    277. Gesù cammina in mezzo a noi come faceva in Galilea. Passa per le nostre strade, si ferma e ci guarda negli occhi, senza fretta. La sua chiamata è attraente, è affascinante. Oggi, però, l’ansia e la velocità di tanti stimoli che ci bombardano fanno sì che non ci sia spazio per quel silenzio interiore in cui si percepisce lo sguardo di Gesù e si ascolta la sua chiamata. Nel frattempo, riceverai molte proposte ben confezionate, che si presentano belle e intense, ma con il tempo ti lasceranno svuotato, stanco e solo. Non lasciare che questo ti accada, perché il turbine di questo mondo ti trascina in una corsa senza senso, senza orientamento, senza obiettivi chiari, e così molti tuoi sforzi andranno sprecati. Cerca piuttosto quegli spazi di calma e di silenzio che ti permettano di riflettere, di pregare, di guardare meglio il mondo che ti circonda, e a quel punto, insieme a Gesù, potrai riconoscere quale è la tua vocazione in questa terra.
da Vatican News

lunedì 25 novembre 2019

A PROPOSITO DI BULLISMO ED ALTRO


PAPA FRANCESCO 
AI GIOVANI GIAPPONESI 

.... Grazie, Leonardo, per aver condiviso l’esperienza di bullismo e discriminazione che hai subito. Sono sempre di più i giovani che trovano il coraggio di parlare di esperienze come la tua. Ai miei tempi, quando ero giovane, non si parlava mai di cose come quelle che ha raccontato Leonardo. La cosa più crudele del bullismo scolastico è che ferisce il nostro spirito e la nostra autostima nel momento in cui abbiamo più bisogno di forza per accettarci e affrontare nuove sfide nella vita. A volte, le vittime di bullismo accusano addirittura sé stessi di essere stati obiettivi “facili”. Potrebbero sentirsi falliti, deboli e senza valore, e arrivare a situazioni molto drammatiche: “Se solo io fossi diverso...”. Paradossalmente, tuttavia, sono i molestatori, quelli che fanno il bullismo ad essere veramente deboli, perché pensano di poter affermare la propria identità facendo del male agli altri. A volte attaccano chiunque considerano diverso e che vedono come una minaccia. In fondo, i molestatori, quelli che fanno bullismo, hanno paura, sono dei paurosi che si coprono con la forza. E in questo – fate attenzione – quando sentite, vedete che qualcuno sente il bisogno di fare del male a un altro, di fare del bullismo su un altro, di molestarlo, quello è il debole. Il molestato non è il debole; è colui che molesta il debole, perché ha bisogno di farsi grande, forte, per sentirsi qualcuno. L’ho detto a Leonardo poco fa: quando ti dicono che sei obeso, digli: “È peggio essere magro come te”. Dobbiamo unirci tutti contro questa cultura del bullismo, tutti insieme contro questa cultura del bullismo, e imparare a dire: basta! È un’epidemia per la quale la migliore medicina la potete trovare voi stessi. Non è sufficiente che le istituzioni educative o gli adulti utilizzino tutte le risorse a loro disposizione per prevenire questa tragedia, ma è necessario che tra voi, tra amici, tra compagni, vi mettiate insieme per dire: No! No al bullismo, no all’aggressione verso l’altro. Questo è male! Non esiste un’arma più grande per difendersi da queste azioni di quella di “alzarsi” tra compagni e amici e dire: “Quello che stai facendo, il bullismo, è grave”.
Chi fa bullismo è un pauroso, e la paura è sempre nemica del bene, per questo è nemica dell’amore e della pace. Le grandi religioni - tutte le religioni che ognuno di noi pratica - insegnano tolleranza, insegnano armonia, insegnano misericordia; le religioni non insegnano paura, divisione e conflitto. Per noi cristiani: ascoltiamo Gesù che diceva sempre ai suoi seguaci di non avere paura. Perché? Perché se stiamo con Dio e amiamo con Dio i nostri fratelli, l’amore scaccia il timore (cfr 1 Gv 4,18). Per molti di noi – come ci hai ricordato, Leonardo – guardare alla vita di Gesù ci permette di trovare conforto, perché Gesù stesso sapeva cosa significa essere disprezzato e respinto, persino fino al punto di essere crocifisso. Sapeva anche cosa significa essere uno straniero, un migrante, uno “diverso”. In un certo senso – e qui mi rivolgo ai cristiani, e quelli che non sono cristiani lo vedano come modello religioso – Gesù è stato il più “emarginato”, un emarginato pieno di Vita da donare. Leonardo, possiamo sempre guardare a tutto ciò che ci manca, ma possiamo anche scoprire la vita che siamo in grado di dare e di donare. Il mondo ha bisogno di te, non dimenticarlo mai; il Signore ha bisogno di te perché tu possa dare coraggio a tanti che oggi chiedono una mano, per aiutarli a rialzarsi.
Vorrei dire a tutti una cosa che può essere utile nella vita. Guardare con disprezzo una persona, guardarla dall’alto in basso, è dire: “Io sono superiore e tu sei inferiore”. Ma c’è un solo modo lecito e giusto di guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla ad alzarsi. Se uno di noi – me compreso – guarda una persona dall’alto in basso con disprezzo, vale poco. Ma se uno di noi guarda una persona dall’alto in basso per tenderle la mano e aiutarla ad alzarsi, quest’uomo o questa donna è grande. Quindi, quando guardate una persona dall’alto in basso, chiedetevi: “Dove sta la mia mano? È nascosta o sta aiutandolo ad alzarsi?”. E sarete felici. D’accordo?
E questo comporta imparare a sviluppare una qualità molto importante ma sottovalutata: la capacità di donare tempo per gli altri, a ascoltarli, a condividere con loro, capirli. E solo così apriremo le nostre storie e le nostre ferite a un amore che ci possa trasformare e iniziare a cambiare il mondo che ci circonda. Se non doniamo, se non perdiamo tempo e “risparmiamo tempo” con le persone, lo perderemo in molte cose che, alla fine della giornata, ci lasceranno vuoti e storditi. Nella mia terra natale direbbero: ci riempiono di cose finché facciamo indigestione. Quindi, per favore, dedicate tempo alla vostra famiglia, dedicate tempo ai vostri amici, e anche a Dio, pregando e meditando, ognuno secondo la propria credenza. E se pregare vi risulta difficile, non arrendetevi. Una saggia guida spirituale disse una volta: la preghiera consiste principalmente nel rimanere lì. Stai fermo, fai spazio per far entrare Dio, lasciati guardare da Lui e Lui ti riempirà della sua pace.
E questo è esattamente ciò che ci ha detto Miki: ha chiesto come possono i giovani fare spazio a Dio in una società frenetica e focalizzata sull’essere solo competitivi e produttivi. È abituale vedere che una persona, una comunità o persino un’intera società possono essere altamente sviluppate all’esterno, ma con una vita interiore povera e ridotta, con l’anima e la vitalità spente; sembrano bambole già fatte che non hanno niente dentro. Tutto per loro è noioso. Ci sono giovani che non sognano più. È terribile un giovane che non sogna, un giovane che non fa spazio al sogno, per far entrare Dio, per far entrare i desideri ed essere fecondo nella vita. Ci sono uomini e donne che non sanno più ridere, che non giocano, che non conoscono il senso della meraviglia e della sorpresa. Uomini e donne che vivono come zombi, il loro cuore ha smesso di battere. Perché? A causa dell’incapacità di celebrare la vita con gli altri. Ascoltate questo: voi sarete felici, sarete fecondi se conservate la capacità di festeggiare la vita con gli altri. Quanta gente nel mondo è materialmente ricca, ma vive come schiava di una solitudine senza eguali! Penso alla solitudine che sperimentano tante persone, giovani e adulti, delle nostre società prospere, ma spesso così anonime. Madre Teresa, che lavorava tra i più poveri dei poveri, una volta disse una cosa che è profetica, una cosa preziosa: “La solitudine e la sensazione di non essere amati è la povertà più terribile”.
Forse ci fa bene domandarci: Per me, qual è la povertà più terribile? Quale sarebbe per me il grado di povertà più grande? E se siamo onesti ci rendiamo conto che la povertà più grande che possiamo avere è la solitudine e la sensazione di non essere amato. Capite? È troppo noioso il discorso o posso andare avanti?... È noioso? [I giovani: “No!”] Manca poco.
Combattere questa povertà spirituale è un compito a cui siamo tutti chiamati, e voi, giovani, avete un ruolo speciale da svolgere, perché richiede un grande cambiamento nelle nostre priorità, nelle nostre scelte. Implica riconoscere che la cosa più importante non è tutto ciò che possiedo o che posso acquistare, ma con chi posso condividerlo. Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo. Imparate a farvi questa domanda: non per cosa vivo, ma per chi vivo, con chi condivido la mia vita. Le cose sono importanti, ma le persone sono indispensabili; senza di esse ci disumanizziamo, perdiamo il volto, perdiamo il nome e diventiamo un oggetto in più, forse il migliore di tutti, ma sempre un oggetto; e noi non siamo oggetti, siamo persone. Il libro del Siracide dice: «Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, ha trovato un tesoro» (6,14). Ecco perché è sempre importante chiedersi: «“Per chi sono io?”. Tu sei per Dio, senza dubbio. Ma Lui ha voluto che tu sia anche per gli altri, e ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 286), da condividere con gli altri. Non solo vivere la vita, ma condividere la vita. Condividere la vita.
E questo è qualcosa di bello che puoi offrire al mondo. I giovani possono dare qualcosa al mondo. Testimoniate che l’amicizia sociale, l’amicizia tra di voi è possibile! La speranza in un futuro basato sulla cultura dell’incontro, dell’accoglienza, della fraternità e del rispetto per la dignità di ogni persona, specialmente verso i più bisognosi di amore e comprensione. Senza bisogno di aggredire o disprezzare, ma imparando a riconoscere la ricchezza degli altri.
Una riflessione che può aiutarci: per mantenerci fisicamente vivi, dobbiamo respirare, è un’azione che eseguiamo senza accorgercene, tutti respiriamo automaticamente. Per rimanere vivi nel senso pieno e ampio della parola, dobbiamo anche imparare a respirare spiritualmente, attraverso la preghiera, la meditazione, in un movimento interno, attraverso il quale possiamo ascoltare Dio, che ci parla nel profondo del nostro cuore. E abbiamo anche bisogno di un movimento esterno, col quale ci avviciniamo agli altri con atti di amore, con atti di servizio. Questo doppio movimento ci permette di crescere e di riconoscere non solo che Dio ci ha amato, ma che ha affidato a ciascuno di noi una missione, una vocazione unica e che scopriremo nella misura in cui ci doniamo agli altri, a persone concrete...... "

Papa Francesco, Tokio 25 novembre 2019