Nel
primo fine settimana di giugno abbiamo tenuto un ritiro di due giorni
insieme agli adolescenti che hanno seguito il percorso Anilab di
quest'anno. Stavolta la formazione non è stata incentrata sulle
competenze pratiche per l'animazione, ma sullo sviluppo di competenze
relazionali: generare se stessi, approcciarsi agli altri, vivere il
silenzio, riconoscere la propria storia, identificare il proprio
orizzonte valoriale, l'adultità.
Tra i prodotti finali è da segnalare una
lettera indirizzata agli adulti, con la quale i ragazzi hanno
identificato punti critici e punti di forza dei grandi che li
circondano, e descritto il modello di adulto a cui aspirano. Essa è
stata sicuramente il risultato di un seppur piccolo "processo di
discernimento e di chiarificazione degli eventi della propria vita
attraverso i segni contenuti in essi".
L'atto del discernimento, infatti, ha
bisogno di un'attenta osservazione e di un desiderio di muoversi verso
un obiettivo; perciò ha bisogno di spazi e di tempi dedicati, che non
possono essere invasi da altro o da altri. Con gli adolescenti abbiamo
parlato dell'essere adulti perché ci è apparso subito chiaro che, a
differenza di quei grandi che vogliono restare infantili per sempre, i
ragazzi vogliono crescere, e vogliono farlo seguendo schemi propri. Non
hanno bisogno di essere salvaguardati dalle esperienze di vita, quanto
piuttosto guidati nella comprensione di ciò che vivono ogni giorno.
Uno degli aspetti che è emerso dal
percorso è la relazione tra la libertà e gli aspetti peculiari che la
rendono possibile: «da quello che vediamo, essere adulti significa avere
maggiori responsabilità, vivere più stress, avere maggiore libertà e
consapevolezza». Perciò gli adolescenti hanno espressamente chiesto di
poter coltivare questa libertà, attraverso l'elaborazione delle
esperienze e degli errori, che è l'essenza stessa del discernimento: «vi
chiediamo di accompagnarci in questo percorso e di consigliarci, ma
lasciandoci la libertà di sbagliare.
Perciò permetteteci di gestire
autonomamente il nostro tempo, il nostro spazio e le nostre risorse, e
noi ci impegneremo ad usarli con responsabilità». Alla riuscita di
questa 'due giorni', poi, ha contribuito il ritiro con i ragazzi svolto a
dicembre e dedicato al silenzio, proprio per "provare ad ascoltare e a
fare affiorare alla luce il 'gusto' di emozioni, affetti e desideri
prodotti dagli eventi della vita e che si agitano e lottano dentro
l'interiorità profonda".
Esso è stato declinato attraverso diversi
esercizi: silenzio senza contatto visivo con gli altri, silenzio a
coppie fissandosi negli occhi, silenzio davanti allo specchio, silenzio
con alcuni brani delle Scritture. Il risultato è stato sorprendente! A
parte qualche inevitabile sghignazzo (non tutti erano abituati al
'silenzio forzato'...), l'esperienza si è stabilizzata ed ha permesso di
far affiorare le emozioni e i desideri che si agitavano dentro i
ragazzi.
Alcuni hanno espresso tutto il disagio
provato a confrontarsi con la propria interiorità, altri hanno espresso
sensazioni di pace e di conforto. Due persone si sono trovate
particolarmente a proprio agio, perché già abituati a confrontarsi con
le proprie paure, altri si sono trovati spiazzati del tutto. La cosa
che, da formatore, ritengo importante è prestare attenzione
all'educazione al silenzio: non è sufficiente dare ai ragazzi un brano e
dire "riflettete in silenzio!", perché molti di loro non sanno da dove
cominciare.
Da questo viaggio nel silenzio è emerso
innanzitutto come il riferimento (consapevole o inconsapevole) alle loro
dinamiche familiari fosse costante. Il loro modello di adultità è più o
meno riferibile a quello dei genitori, l'"oriente", l'"origine" delle
loro speranze ed angosce era ugualmente collocata nelle loro dinamiche
infantili.
Ma il "senso" e l'"orientamento" di
alcuni riferimenti è in profonda trasformazione e ciò li destabilizza:
«voi adulti spesso vi dimenticate cosa voglia dire essere bambini,
perdete la spensieratezza e qualche volta smettete di credere nei vostri
sogni». I ragazzi si rendono conto di stare uscendo da un mondo in cui i
contorni erano netti per entrare in uno dove si vede "come in uno
specchio" - come Paolo dice in quella prima lettera ai Corinzi che ci ha
in parte guidati.
In questo senso è stato effettivamente
d'aiuto il confronto "con qualche etica laica o testo sacro capaci di
'costringerli' a non minimizzare, ma a valorizzare o a rivedere ciò che
stava emergendo". La prima parte del ritiro appena svolto, infatti, è
stata incentrata sulla ricostruzione della propria storia, e come
espediente abbiamo utilizzato il capitolo 3 del Qoelet.
I ragazzi si sono trovati a proprio agio
nel definirsi attraverso i contrasti di amore/odio, guerra/pace, ecc.
Hanno compreso immediatamente il valore simbolico del brano e sono
riusciti a utilizzarlo per descrivere amicizie rotte, amori infranti,
relazioni che si sono modificate nel tempo e che hanno causato in loro
sofferenze o speranza.
Spesso infatti mi accorgo che non sono
loro a minimizzare, e se apparentemente lo fanno è solo per sfuggire ad
una pressione eccessiva da parte dei genitori. Dal confronto con gli
adolescenti emerge invece chiaramente che le agenzie di formazione hanno
un effetto cruciale nella crescita dei ragazzi, prima fra tutte la
scuola. Molti iniziano a confrontarsi con la filosofia, con la storia,
con la letteratura e questo non li lascia indifferenti.
Anche tra i ragazzi che hanno intrapreso
percorsi tecnici o professionali c'è chi ha scelto di approcciarsi a
testi filosofici con lo studio personale. Nella fase adolescenziale è
importante soffermarsi sulle domande, perché le risposte arrivano con il
tempo e il discernimento personale. D'altronde, il percorso è stato
costruito in un anno, attraverso la riflessione sulle esperienze che li
nutrono, sugli educatori che hanno incontrato, sulla limpidezza della
comunicazione, ma è solo agli inizi e dovrà essere pazientemente
proseguito.
I ragazzi, comunque, si sono lasciati
provocare non solo dai brani che abbiamo proposto loro, ma anche e
sopratutto dai momenti di intervallo nei quali abbiamo avuto modo di
confrontarci a fondo sui temi della crescita che li coinvolgono più da
vicino. In definitiva, si sono fidati, hanno cercato confronto,
provocazione e conforto.
E decisivo è stato
il fatto che abbiano trovato adulti non giudicanti, ma pronti a
sostenerli nei loro momenti di crisi. Con questi adulti, non a caso, si
sono voluti prendere un impegno: «ci stiamo incamminando verso l'età
adulta, e grazie alla vostra esperienza stiamo cercando di diventare la
miglior versione di noi stessi. Cercheremo di agire con responsabilità
ed adempiere ai nostri doveri, ma al tempo stesso di non perdere il
nostro lato fanciullesco».
Daniele Gianolla
(articolo tratto da www.vinonuovo.it)
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