ADOLESCENZA INFINITA
delle troppe pretese
di questa società*
- di Paola Molteni
Da una parte ci sono loro, giovani fragili, arrabbiati, distanti. Dall’altra troviamo i genitori, preoccupati e disorientati, alle prese con la fatica di capire i propri figli e di aiutarli a superare i disagi di una vita appena cominciata. Difficile trovare un terreno comune ma è proprio questo l’obiettivo che esperti e studiosi indicano a tante mamme e papà che si sentono stanchi e sfiduciati.
Lo fa anche Alvaro Bilbao, neuropsicologo e psicoterapeuta spagnolo, con il testo appena pubblicato dall’editore Salani, dal titolo Come funziona il cervello di un adolescente. Sì, perché a indicare la strada verso un incontro rinnovato tra adulti e ragazzi è proprio la comprensione del complesso funzionamento della mente adolescenziale. Un cammino che madri e padri devono percorrere insieme ai propri figli per poterli sostenere durante il processo di cambiamento e di crescita.
Un labirinto
Un labirinto, più che un percorso, perché è difficile entrare nella testa dei giovanissimi.
Tanto per cominciare è già complesso definire biologicamente questa stagione di vita. “La prima cosa che dobbiamo capire è il significato della parola adolescenza”, premette l’autore. “Adolescenza significa in crescita, un processo che inizia tra gli 11 e i 12 anni, la cosiddetta pubertà, quando cambiano gli organi genitali e aumentano gli ormoni, testosterone ed estrogeni”. Più complesso determinarne la conclusione. “Una volta terminava verso i 14 anni, con la crescita della barba nei ragazzi e del seno nelle ragazze, perché il processo di maturazione era considerato esclusivamente dal punto di vista biologico. Dobbiamo però considerare che l’essere umano non è solo una creatura biologica ma anche un soggetto culturale e sociale. In questo senso l’adolescenza finisce quando un giovanissimo ha sviluppato le capacità di cui ha bisogno per essere indipendente e cavarsela da solo.
Un’autonomia che ritarda
A condizionare il raggiungimento dell’autonomia e quindi a segnare la fine dell’adolescenza sono le epoche storiche, e le culture dei Paesi. Per esempio, nell’Europa degli anni Ottanta l’adolescenza poteva finire verso i 18 anni. Oggi esiste una sorta di moratoria psicosociale, perché il periodo in cui i giovani acquisiscono le condizioni necessarie alla loro emancipazione dura più a lungo. Per capirci, a 22 anni i ragazzi sono ancora un po' adolescenti. Oggi non basta più terminare le scuole superiori per aver completato il ciclo di studi e la stessa università spesso non è sufficiente per entrare nel mondo del lavoro, servono master e tirocini. Una domanda sempre più alta per i nostri ragazzi che sperimentano fatica e frustrazione nel raggiungere equilibrio e fiducia in sé stessi”.
Fragilità
E se la fragilità e l’inquietudine hanno caratterizzato gli adolescenti di tutti i tempi, ancora di più vale per quelli dei nostri giorni, la cosiddetta Generazione Z, espressione emblematica di questo malessere, tanto da essere definita “la generazione ansiosa e depressa”, considerata particolarmente a rischio. Lo indicano chiaramente i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tra il 10 e il 20% dei bambini e soprattutto degli adolescenti, soffre dal punto di vista psichico. Il 75% delle patologie insorge prima dei 25 anni e la metà presenta sintomi di depressione, ansia e disturbi comportamentali prima dei 14.
Una vulnerabilità che è segno dei tempi, come conferma lo scrittore. “Più è complessa una società, più tempo il cervello impiega per maturare ed essere pronto ad affrontare i compiti della vita. I giovani devono armonizzare l’apprendimento scolastico con le relazioni sociali, devono parlare diverse lingue, saper convivere per più anni con i genitori, riuscire a usare bene un computer e ora anche l’intelligenza artificiale. Quindi, pur vivendo in una società in cui possiamo far conto su molti supporti, imparare a gestire tutto richiede tempi lunghi, lavoro e autodisciplina. Un impegno che li rende sempre più stressati”.
Smartphone
A causare gran parte dell’insicurezza e del disagio negli adolescenti, riflette Bilbao, è la presenza invasiva dei dispositivi elettronici, che condiziona il loro benessere mentale. “La mia generazione poteva anche annoiarsi la domenica pomeriggio, guardare la televisione, leggere un libro. Oggi i ragazzi dedicano molte ore alla settimana ai social network, da cui ricevono continui stimoli, e sviluppano una tendenza al paragone con gli altri. E non parliamo di un confronto costruttivo e stimolante con quello con amici e compagni di scuola.
Oggi il paragone si fa con i modelli del mondo dello spettacolo e i calciatori, da Taylor Swift a Cristiano Rolando o Messi, e il loro stile di vita inarrivabile. I giovani li invidiano senza chiedersi se sono felici, senza pensare che il denaro non protegge dalla tristezza e dalle frustrazioni.”.
Felicità
A proposito di felicità, i ragazzi sanno riconoscerla? “La sperimentano con l’amicizia, un rapporto caratteristico dell’adolescenza, il tempo in cui passiamo più tempo con gli amici. Un'altra fonte di felicità – aggiunge l’autore – è sapere di avere uno scopo nella vita, che purtroppo spesso i ragazzi individuano nel successo materiale, come avere una Lamborghini o fare vacanze costose. Io dico sempre ai genitori: insegnate ai vostri figli che la felicità non sta in ciò che è straordinario, bensì nelle cose di tutti i giorni”.
E come si sentono i genitori davanti a queste sfide educative? Di che cosa sentono necessità? “In primo luogo di essere sostenuti”, sottolinea il neuropsicologo. “Tutti noi, esperti e terapeuti, dobbiamo volere bene a madri e padri perché quello che vogliono, sopra ogni cosa, oltre ogni preoccupazione e affanno, è prendersi cura dei propri figli. Dobbiamo orientarli però, perché capiscano di che cosa hanno davvero bisogno i giovani, senza farli mai sentire colpevoli davanti agli insuccessi e alle insicurezze”. Secondo lo psicologo ciò che serve è molto semplice. “Dedicare ai figli attenzione e dialogo durante la cena, coltivare il legame che deve unirli a loro. Si tratta di applicare poche norme ma chiare e importanti, prima fra tutte quella che riguarda l’uso dei dispositivi. Né genitori né figli devono usare il cellulare mentre si sta a tavola o si sta guardando la televisione. Bisogna mettere smartphone e tablet in una camera diversa rispetto a quella in cui si dorme, affinché non interferiscano con il sonno, che è la principale fonte di benessere per tutti”.
Regole
Le regole, secondo Bilbao, sono anche leve fondamentali per riuscire a prevenire i problemi di disagio mentale. “Perché è vero che i malesseri si manifestano quando il bambino o l’adolescente riceve poco affetto e poca attenzione. Ma ricordiamoci, cosa molto importante, che un’altra fonte di trauma è proprio la mancanza di limiti e di norme”.
Lo psicoterapeuta rivolge infine il suo consiglio pratico ai genitori. “Quando lavoro con famiglie che hanno problemi chiedo sempre di dedicare un’ora alla settimana a qualcosa di cui si possa gioire insieme. Che si tratti di andare a vedere una partita di calcio, cucinare, vedere una serie tv o documentari sugli animali. Questo tempo esclusivo di almeno uno dei genitori con i figli aiuta a costruire il legame, e rappresenta un vero e proprio momento riparatore di disagi e conflitti. Grazie a queste occasioni i ragazzi saranno più disponibili ad accettare quelle regole che li aiuteranno ad abbandonare le cattive abitudini e perfino le dipendenze. Lo faccio anch’io da anni con i miei figli”.