lunedì 22 febbraio 2021

GIORNATA DEL PENSIERO 2021


Messaggio della Capo Guida e del Capo Scout per la Giornata del Pensiero 2021

 Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. (2Cor 4, 7-10)

 

Carissime e carissimi coccinelle e lupetti, guide e esploratori, scolte e rover, capo e capi,
genitori e famiglie delle guide e degli scout,  
in questo ultimo anno è stato un po’ triste vedere il mondo meno colorato dalle uniformi scout.

Nelle città, nei boschi e sulle montagne, al mare e nelle campagne. Ma dove eravamo finiti tutti? Dispersi dalla tempesta? Smarriti e confusi dalle dure prove? Assolutamente no! Tutte le guide e gli scouts sono stati impegnati nel tenere accesa e viva la fiammella delle loro lanterne. Con sacrificio, con passione, con generosità, con creatività e fantasia. Come nel tempo eroico della “Giungla silente”, tesi nello sforzo di resistere “un giorno in più”!

Dal più profondo del cuore: GRAZIE!

Il nostro primo e più grande ringraziamento va a voi tutti, coccinelle e lupetti, guide e esploratori, rover e scolte. Senza i vostri “eccomi!”“del nostro meglio!”“estote parati!”, “servire!”, non sarebbe stato possibile continuare a vivere il nostro entusiasmante Grande Gioco. Se lo scautismo continuerà a percorrere la sua pista, il suo sentiero e la sua strada per rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, lo dovremo soprattutto a voi.
Ringraziamo di cuore tutte le capo e tutti i capi, per aver tenuta viva, con audacia e creatività, la relazione educativa con i ragazzi, per non aver mollato mai lo sguardo su di loro, per aver vissuto lo scouting, nella sua essenza e profondità, per aver testimoniato la bellezza del mettersi a servizio degli altri secondo le scelte delle Comunità capi e le possibilità consentite nei diversi territori. Fare l’educatore è oggi stare nell’Esodo, essere profeti e sentinelle,
accogliere, dare senso, camminare insieme, cercare segni di futuro e speranza insieme alla Comunità! E’ questo a cui siamo chiamati oggi: a testimoniare il coraggio della presenza e della speranza, nonostante tutto! Oggi il capo educatore ha proprio il ruolo di “garante della speranza”, con la consapevolezza che “siamo in una notte che già contiene l’albore del giorno”.

Quali sono le sfide che ci stanno davanti? Come Associazione siamo chiamati oggi a fare “resistenza educativa”:

– essere accanto alle ragazze e ai ragazzi, rimettendo al centro la relazione educativa, ciò che, più di ogni altra cosa, ci rende “una parte preziosa della società italiana”;
– difendere la socialità delle nostre bambine e dei nostri bambini, delle ragazze e dei ragazzi, da tutto ciò che la ostacola e ritornando ad offrire esperienze di vita all’aperto;
– affermare il valore e la forza rivoluzionaria dell’educazione, unica realtà che può produrre cambiamenti, in un tempo generativo come quello che stiamo vivendo;
– assumersi la responsabilità della cura e della custodia di ognuno e soprattutto di coloro che sono più fragili e più deboli, nella fedeltà al mandato di “Fratelli tutti”;
– costruire coesione sociale, cercando tutte le opportunità possibili, insieme agli altri;
– annunciare che l’amore non è una proposta, ma è un mandato; non è una strada possibile, ma è l’unica Via (dal documento “Chiamati ad annunciare” del Consiglio generale 2020).
Vogliamo quindi proporvi un gesto, non solo simbolico ma concreto, per questo Thinking Day che ha come tema la Pace. Ogni Gruppo scout o unità, con fantasia e in accordo alle norme di legge, cerchi il modo per rinnovare la Promessa Scout, pubblicamente. In spazi aperti, dove possibile, in piazza, in chiesa o nel modo che riterrete più opportuno, anche se video-connessi. Se volete, poi mandate una foto alla Redazione di Proposta educativa (*).
Cerchiamo di testimoniare, tutti insieme, che ci siamo e che siamo sempre pronti a servire il nostro Paese.

Sentiamoci sempre uniti e sostenuti da tutti gli altri: sarà più facile affrontare le sfide che ci stanno davanti.

Buon volo, buona caccia e buona strada!

 Daniela Ferrara e Fabrizio Coccetti

La Capo Guida d’Italia e il Capo Scout d’Italia

 

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venerdì 19 febbraio 2021

TRANSIZIONE ECOLOGICA

 


UN IMPEGNO PER TUTTI


 - di Federica Fasciolo*

 

Recentemente, l’istituzione del nuovo Ministero della Transizione ecologica, ha suscitato curiosità e interesse verso un ambito ancora poco definito, creato dal governo francese negli anni settanta, come Ministero della protezione della natura e dell’ambiente, ed ora strettamente correlato allo sforzo messo in campo dall’Unione Europea per far fronte alla crisi scatenata dalla pandemia.

Il processo di transizione ecologica rimanda perciò a una serie di riforme strutturali che ci vengono richieste dall’Unione Europea per accedere al piano di investimenti, ma riguarda anche cambiamenti nella quotidianità e negli stili di vita.

In questo senso sembra sostituirsi al termine “ sviluppo sostenibile”, che ha caratterizzato gli anni precedenti.

Presuppone un progressivo allontanamento dall’utilizzo di combustibili fossili, ricercando una crescente efficienza energetica, sostenendo le economie circolari in diversi settori.

Sullo sfondo è presente l’Agenda 2030, rivolta a tutti i Paesi del mondo, con 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, che descrivono le maggiori sfide dello sviluppo per l’umanità: il fine è quello di assicurare una vita sulla terra che sia sostenibile, equa per tutti, nel presente e nel futuro, capace di garantire la sopravvivenza, coinvolgendo governi, imprese private, società civile e quotidianità dei cittadini.

Tutti i Paesi che sottoscrivono questa agenda si impegnano ad adeguare i loro sforzi in vista di 17 obiettivi, così riassunti:

-povertà zero

-fame zero

-salute e benessere

-istruzione di qualità

-parità di genere

-garantire a tutti accesso all’igiene e all’ assistenza sanitaria

-energia pulita e accessibile

-lavoro dignitoso e crescita economica

-imprese, innovazione e infrastrutture

-riduzione disuguaglianze

-città e comunità sostenibili

-consumo e produzione responsabili

-lotta contro il cambiamento climatico

-vita sott’acqua

-vita sulla terra

-pace, giustizia e istituzioni solide

-partenrship per gli obiettivi.

Come portare a compimento questi obiettivi?

Non è sufficiente un Ministero. Serve uno sforzo condiviso, e l’ambito educativo è sicuramente privilegiato, mettendo in atto stili di vita virtuosi.

Non solo come cittadini, ma anche come scout possiamo fare molto: abbiamo un grande potenziale di risorse che attende di essere sfruttato in tutta la sua forza.

Lo scautismo è luogo privilegiato per capire la complessità, per vivere la solidarietà, per immergersi nella natura amandola e rispettandola, per restaurare gli equilibri compromessi e impegnarsi per un futuro migliore.

 

·        R-S Servire

mercoledì 17 febbraio 2021

UNA VISIONE PER EDUCARE

 

                     “DIPENDE.....” 

Come cambia 

l’educazione oggi


-         Di Roberto D’Alessio

educatore scout

-          

Si può educare senza avere l’idea di ciò che è bene e di ciò che è male? O, ancora, senza domandarsi quale tipo di uomo e di donna e di convivenza sociale vogliamo? Baden-Powell direbbe certo di no, dal momento che pensava che la fraternità scout avrebbe cambiato il mondo e portato la pace tra i popoli. struire una visione personale e collettiva o di delega all’uomo forte, al capo che incarna la visione più opportuna e semplice.

Il tema è importante, perché la maggioranza dell’opinione pubblica odierna risponderebbe, al contrario, che è possibile con due accezioni: “l’educazione è un tirar fuori dall’altro, sarà poi lui a scegliere”; oppure direbbe che “è troppo difficile avere certezze nella complessità odierna, e bene o male dipendono dalle circostanze: non ci sono regole generali”. In ambedue i casi non importa l’idea di uomo buono o cattivo, di società giusta o sbagliata: l’educazione si riduce ad affiancare o a curare i traumi o a favorire il tempo libero: assistenza, terapia, accompagnamento, non educazione!

La visione. 

La relazione educativa presuppone per noi un patto in cui, esplicitamente o implicitamente a seconda del livello di concettualizzazione possibile, gli obiettivi, le prospettive, gli orientamenti, fin i sogni, siano dichiarati: da “qui i patti, le carte firmate, gli impegni assunti. Poi sarà un gioco, una lotta, un confronto di libertà reciproca, nel contesto di una esperienza comune, di una vita che cresce e che ci offre molteplici occasioni di realizzare o meno le nostre idee. Educare ha bisogno dunque di una visione, non astratta, non generica, non idealista di ciò che è bene e di ciò che è male. La visione è propriamente questo: un punto di vista sulla vita e sul mondo, che mi consente di esprimere valutazioni e giudizi, orientamenti per il futuro. Se vogliamo, un punto di vista ottimistico ma coerente, attuale ma anche capace di vedere le conseguenze, indicatore del futuro che verrà, concreto, pratico ma al contempo nutrito di speranza e valori. Possiamo dedurre questa visone dalla cultura odierna? dall’opinione pubblica corrente? No, troppo debole, troppo relativa, troppo dipendente dall’aria che tira, dagli interessi particolari, dal contingente, dai vari “dipende”, insomma. E troppo soggettiva e individualista per diventare visione collettiva. Lo stato di confusione causato da visioni particolari, senza criteri di priorità condivisi e senza luoghi dove agire il confronto, genera incertezza e l’incertezza paura: è una condizione di tutti, quasi inevitabile, ma le persone ne soffrono veramente; da qui nascono i desideri sbagliati di rinuncia a costruire una visione personale e collettiva o di delega all’uomo forte, al capo che incarna la visione più opportuna e semplice.

 I due ancoraggi

 L’azione educativa vera ha invece due ancoraggi: 1) alla realtà concreta sulla quale è radicato il punto di partenza, il linguaggio compreso, il patto fiduciario iniziale; 2) alla visione di fondo fatta di una valutazione del presente e di una prospettiva sul futuro. Il processo educativo cresce e si sviluppa costantemente tra i due ancoraggi. Il primo ancoraggio, alla realtà, è meno difficile oggi: o c’è o non c’è; o ne siamo capaci o falliamo lo start-up. La realtà è lì, basta starci dentro e provare e riprovare. Il secondo ancoraggio è più difficile. Lavorare oggi sul giudizio di bene e male e sulla visione di prospettiva richiede un costante discernimento, un costante porsi domande. Non da soli, come vedremo. Se il percorso educativo va avanti, si attua anche progressivamente un lavoro di traghettamento, dalle visioni personali alla visione collettiva comune. Per questo non basta leggere insieme un documento, anzi non serve a nulla: la visone comune nasce dalla esperienza comune, dal condividere fatti, percorsi, valutazioni, dal lavorare assieme, dal fare esperienze vitali insieme e trarne insieme conseguenze di giudizio (è bene, è male) e di volontà (decisioni di fare o non fare, comportamenti da evitare o da ripetere). Il mondo occidentale contemporaneo, detto post-ideologico, fatica a fare questa sintesi, ad assumere una visione complessiva condivisa; è frammentato, scisso. Paradossalmente è un mondo iper-connesso sulle informazioni, ma sconnesso sui valori che nutrono le visioni. La tecnologia che connette può essere il veicolo di nuove visioni, ma non può essere lei la sintesi di senso.

Teoria della pratica

Come costruire una propria visione e passare da una visione personale a una collettiva

 Questo lavoro costante, diviso in livelli solo per marcare l’inizio (fidarsi) e la fine (scegliere, elaborare), si svolge in alcuni luoghi di volontariato (cioè dove vado volontariamente, per voluntas o che, sempre per libera scelta, cerco di costruire come luoghi di elaborazione di giudizio). Ognuno deve averne almeno un paio: il tempo dell’individualismo non li ha previsti. Ognuno deve trovarli e soprattutto spingerli a funzionare così. Il nome di questi luoghi è molto vario, sono luoghi del discernimento altrettanto essenziali dei luoghi di sopravvivenza o di svago: piccolo gruppo di chiesa, di amici studio/lavoro/associazione, comunità educatori, genitori o staff pensanti, assistente, coppia… e via di questo passo.

Che “tempo” fa?

Tempo del relativismo culturale: Varie visioni e giudizi di bene e di male si confrontano senza criteri e priorità condivise

Tempo del soggettivismo etico: Ognuno dà valore solo a ciò che pensa, sente, lo emoziona, indipendentemente dai fatti;  abitudine a dare giudizi partendo dai fatti, dalle esperienze vissute, dai dati raccolti.

-Tempo dell’individualismo esasperato: L’individuo (io) è più importante della persona (io, tu, egli, noi... loro); mi salvo da solo, a prescindere dagli altri.

 Riconoscere il bene e il male: Dare nome al bene e al male non è affatto facile: ad esempio, è più facile parlare di bene comune in generale che non di beni comuni in concreto. Questo schema (dedotto dal libro “Cosa dobbiamo fare?” del cardinale C.M. Martini) ci può aiutare descrivendo i tre livelli di male che si presentano agli occhi “aperti” di un educatore. Sia chiaro: la domanda su cosa è male non è fatta per distinguere buoni e cattivi (altri ci penseranno e noi sappiamo che tutti siamo un po’ buoni e un po’ cattivi, per cui vale la pena di usare incessantemente perdono e misericordia su di noi e i nostri fratelli), ma per scoprire quel male di cui siamo conniventi e per vincere misteriosamente il male col bene.

*Male del singolo: È tantissimo, si somma e per questo è molto pericoloso. Cosa fare? Correzione fraterna, lotta di opposizione, credere nella possibilità di recupero, esemplificare il contrario.

Male collettivo: Situazioni di corruzioni generalizzate, criminalità organizzata, guerre, … Spesso istituzionalizzato in strutture di peccato che quasi ti costringono a essere connivente. Cosa fare? Consapevolezza, discernimento, preghiera, denuncia pubblica.

Male globale: Forme collettive di male che si auto giustificano e si legittimano in teorie e che soffocano il valore della ragione e deridono la fede. Cosa fare? Il male non è eliminato ma trasformato in bene da esempio e forza della morte di Gesù Cristo in Croce. Penetrare il male e lasciarsene penetrare (nessuna fuga dal mondo): è lotta che ci impegnerà tutta la vita operando il bene.

I temi “crinale” (o “generatori”)

Nella mia esperienza sono tutti i temi di confine, o perché scandiscono le tappe della crescita nell’età evolutiva (ad es. le tappe verso la autonomia e la responsabilità sociale, che devono fare i conti con genitori che mangiano la vita dei figli, iper-proteggendoli) o perché marcano un confine geo-politico: privato pubblico; diritti e doveri (ad es. il “crinale” tra luoghi da presidiare e flussi di persone, cose che li attraversano). Dentro questa grande categoria, alcuni temi e situazioni assurgono per quella specifica vita, in quel tempo, in quella nazione, per i misteri della comunicazione di massa e della psicologia collettiva, a fatti emblematici, cioè si impongono a tutti come eventi decisivi e sintetici. Non è che siano più importanti di altri, ma lo sono in quel momento storico, in quel luogo geografico, nella nostra vita. Invece di negarli, dicendo che non è vero che sono così importanti, è più utile attraversarli, percorrerli e rinforzare cosi la nostra visione, perché questi temi rendono immediatamente evidente le conseguenze dei comportamenti nostri e altrui, ci obbligano a scegliere e a dichiarare da che parte stiamo.

Un esempio delle due tipologie: Come si lavora sui temi “crinale”? a) Scavo e approfondimento sulla base della esperienza diretta. b) Cosa pensa l’opinione pubblica. c) La nostra opinione e decisioni conseguenti.

È chiaro che alle diverse età questo processo può durare un anno o una uscita: l’importante è che dalla esperienza diretta si parta e si ritorni. Ai lettori che sono educatori, lascio la felicità di costruire i propri strumenti e modelli.

 

Bibliografia

Luigi Melesi, Liberaci dal male, Ed. Don Bosco. Uno dei più grandi educatori contemporanei descrive il costante lavoro di costruzione e ricostruzione di una visione etica coi detenuti del carcere di San Vittore nei suoi 30 anni di cappellania.

Gabriele Gabrieli, Il cammino è la meta, la preghiera universale per la pace. Storico capo scout e animatore interculturale di comunità, ci offre il suo taccuino di strada in cui si legge l’esperienza scout incrociata a quella dei popoli sinti e rom.

 

RS - SERVIRE

sabato 13 febbraio 2021

UNA VALIGIA VUOTA


  Un uomo morì. Appena varcata la soglia dell’al di là vide Dio, con una valigia, che gli veniva incontro.

E Dio disse: – Figlio, è ora di andare.  L’uomo stupito domandò: -Di già? Così presto? Avevo tanti progetti…

– Mi dispiace, rispose Dio, ma è giunta l’ora della tua partenza.

E si incamminarono. Curioso, l’uomo chiese a Dio: – Cosa porti nella valigia?  E Dio gli rispose: – Ciò che ti appartiene!

– Quello che mi appartiene? Rispose l’uomo. Allora porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi?
E Dio disse:  – Quelle cose non ti sono mai appartenute, erano del mondo!
– Porti i miei ricordi allora?
– No. Non ti sono mai appartenuti. Erano del tempo!
– Allora porti i miei talenti? Continuò l’uomo.
– Non ti sono mai appartenuti. Rispose Dio. Erano delle circostanze!
L’uomo, ancora più incuriosito, proseguì dicendo: – Porti i miei amici, i miei familiari?
– Non ti sono mai appartenuti. Erano compagni di viaggio!
– Porti mia moglie e i miei figli?
– Non ti sono mai appartenuti. Ti sono stati solo affidati!
– Porti il mio corpo?
– Non ti è mai appartenuto. Era della polvere!
– Allora porti la mia anima?
– No. L’anima, disse Dio, è mia!
Allora l’uomo, di scatto, afferrò la valigia per guardarvi dentro e, con le lacrime agli occhi, disse: – Ma è vuota! Allora, non ho mai avuto niente?
Con grande amore e misericordia Dio rispose:
– Beh, le cose materiali, per cui hai tanto lottato, non puoi portarle con te. Il vero bene, nella vita, è il tempo. Ecco perché non dovevi sprecarlo ma impegnarlo per prepararti alla Vita Eterna, accumulando l’unico tesoro che ha valore nel mio Regno: i tuoi gesti d’Amore. Il resto non conta nulla.

MORALE: Ci affanniamo nel ricercare e accumulare tesori che al termine della nostra vita non porteremo con noi!!! Ebbene, non dimentichiamoci, dunque, ciò che Gesù ci dice: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (cf. Mt 6,19-21).